... Sant'Andrea di Conza
Con questo articolo inauguriamo una nuova sezione di questo sito dedicata all'Archeologia, grazie ai contributi che l'amico Antonio Pugliese vorrà e potrà inviarci.
Un’iscrizione ante cocturam e bolli laterizi dall’ager di Compsa (Italia, Regio II)
S. Braito, A. Pugliese
I materiali qui presentati sono stati individuati in seguito a ricognizioni di superficie condotte all’interno di contesti a carattere insediativo che, in epoca romana, si collocano entro i limiti del territorio amministrato dal centro di Compsa(1).
La ricostruzione dell'estensione ...
... geografica dell’ager Compsanus in età romana non è stata, tuttavia, almeno fino ad oggi, trattata in modo sistematico. L'unico confine certo si può identificare con Volcei(2), a sud, rappresentato dal massiccio del monte Valva, corrispondente verosimilmente al mons Balabus riportato sulla Tabula Peutingeriana(3). Il confine est era invece costituito dalle propaggini occidentali del monte Vulture, che dovevano dividere il territorio di Compsa dall’ager Venusinus, mentre a nord il monte la Toppa (altopiani del Formicoso) fungeva da spartiacque tra il territorio di Compsa e quello del municipium di Aquilonia in Hirpinis(4), l’odierna Lacedonia. Ad ovest, infine, è verosimile che il comprensorio includesse porzioni del settore definito dal Mommsen ager inter Compsam, Abellinum, Aeclanum(5). Il rinvenimento di alcuni cippi graccani in quest'area testimonierebbe, inoltre, come l’Alta Irpinia, e quindi anche parti di territorio amministrate dal centro di Compsa, furono interessate dall'occupazione e dalla suddivisione delle terre che si attuò in seguito alla promulgazione della lex Sempronia agraria del 133 a.C.(6), così come ricordato, per Compsa, nei Libri Coloniarum.(7) I cippi sono costituiti da sette esemplari, riconducibili alla commissione triumvirale agris iudicandis adsignandis che operò tra il 130 e il 129 a.C.: quattro termini provengono dalla valle d’Ansanto, più precisamente dai territori di Rocca San Felice – Frigento(8) e Villamaina(9), un termine dal territorio di Montella(10), i restanti due dai territori di Nusco(11) e di Lioni(12). Allo stato attuale delle conoscenze, comunque, non è possibile affermare con certezza se il territorio di Compsa si estendesse fino a comprendere l’alta valle del Calore(13). Una conferma, però, circa l’appartenenza in epoca imperiale di quest’area all’ager di Compsa, potrebbe essere fornita da alcuni rinvenimenti di iscrizioni sepolcrali che menzionano magistrati cittadini, ricordati come IIIIviri ed iscritti alla tribù Galeria.(14)
Sant'Andrea di Conza (Avellino), loc. Piano dell’Incoronata
Recenti ricerche di superficie condotte in agro di Sant'Andrea di Conza (Avellino), loc. Piano dell’Incoronata, all’interno di una fascia di terreno antistante Casa Abruzzese (fig. 1), hanno consentito il recupero di un frammento di tegola in terracotta su cui è impresso in rilievo un bollo entro cartiglio a forma di tabula ansata. Precedenti ricognizioni effettuate in loco, più esattamente nei pressi dell'ex Campo Sperimentale di Sant'Andrea di Conza, nel luogo ove sorgeva la chiesa rurale di S. Antonio dell’Arsa(15), avevano già permesso di rilevare un affioramento decisamente cospicuo di materiale antico, sia fittile che edilizio(16) (UTM WSG84, 530586.1830 E, 4522964.6960 N).
Nell'ambito dei frammenti osservabili sul terreno si segnalano alcuni frustuli di ceramica a vernice nera, una rilevante presenza di frammenti ceramici di terra sigillata, e ancora numerosissimi resti di ceramica comune e da cucina, tegole e coppi, misti a scaglie di calcare.
Decisamente significativi ai fini di un inquadramento cronologico e tipologico si sono rivelati in particolare alcuni frammenti ceramici di terra sigillata, sia italica che africana. Nell’ambito degli esemplari meglio conservati si segnala un fondo pertinente ad una coppa o ciotola, con un bollo in planta pedis recante la sigla RPI-SI(17), e ancora un frammento di parete di una coppa in terra sigillata italica con decorazione a rilievo costituita da una figura femminile danzante(18).
Indiscutibilmente numerosi sono i resti pertinenti alla classe della ceramica comune e da cucina, costituiti da diversi frammenti di orli e di fondi relativi ad olle, tegami, pentole e coppe; molto ben documentata è la pentola con orlo a tesa orizzontale, una delle tipologie di forme ceramiche da cucina più diffuse nell’intero Mediterraneo occidentale tra il I sec. a.C. e il II sec. d.C.(19). Tra i materiali rinvenuti è attestata, ancora, la presenza di frammenti di anfore, di lucerne, di dolia, di pesi da telaio di forma troncopiramidale, di unguentari, oltre a qualche rado frammento di ceramica suddipinta tardoantica ed altomedievale. Alquanto rilevanti risultano essere, inoltre, diversi frammenti di colonnine in laterizio, dato questo che confermerebbe la presenza di un complesso abitativo di una certa importanza, ed ancora due frammenti di tegole bollate che indizierebbero l’esistenza, nell’ambito di attività produttive, di una figlina volta alla produzione di laterizi.
Le classi dei materiali individuate in seguito alle operazioni di ricognizione sono probabilmente da ascrivere ad un complesso abitativo residenziale ed a carattere produttivo di medie dimensioni, una delle ville rustiche più importanti dell’ager Compsanus(20), verosimilmente dotata di un impianto destinato alla produzione laterizia. Il periodo di vita del complesso è inquadrabile tra la tarda età repubblicana e l’epoca tardoantica – altomedievale (II sec. a.C. - VII sec. d.C.), presumibilmente senza interruzioni nella continuità d’uso.
Una frequentazione dell’area risalente ad epoca romana è testimoniata, inoltre, da alcuni monumenti a carattere funerario che suggeriscono pertanto anche l’esistenza di una necropoli. Nell'ambito di tali evidenze, si segnala innanzitutto una stele funeraria recuperata in seguito all'abbattimento di un contrafforte nella parete settentrionale della vicina chiesa di Santa Maria dell’Incoronata. La stele, in calcare locale, è del tipo a edicola timpanata ed al centro mostra una rappresentazione scolpita ad altorilievo di una coppia di defunti. Sotto i ritratti, sormontati da un timpano al cui interno è raffigurata di profilo la figura di un cavallo al passo, si trova un’epigrafe che attesta i nomi dei due coniugi, uno appartenente alla gens Castricia, l’altro alla gens Novia. La stele è databile a un periodo compreso tra la fine del I sec a.C. e gli inizi del I sec. d.C.(21).
Dall’interno dell’attiguo ex Campo Sperimentale(22) provengono, ancora, numerosi reperti di diversa natura e consistenza, in special modo pezzi di colonnine, grossi blocchi di pietre calcaree sfaccettate, frammenti di architrave, numerosi frammenti laterizi.
Si ricordano in particolare due monumenti. Il primo è una stele funeraria ad edicola, a cornice liscia, con rilievo rappresentante una figura femminile a mezzo busto con volto perfettamente ovale e acconciatura di tipo italico, con nodus centrale e capelli coperti da un lembo della palla, attribuibile a un periodo compreso tra il I sec. a.C. e I sec. d.C.(23). Il secondo monumento, oggi custodito presso i locali della Casa Comunale di Sant'Andrea di Conza, è una cupa lucana iscritta, ascrivibile al III-IV sec. d.C.(24).
[A.P]
Marchio I
Il marchio è impresso su un frammento di tegola mutilo su tutti i lati (cm. 10,5 x 9 x 2,8), con numerosi vacuoli ed inclusi micacei osservabili sia all’interno, in sezione, che lungo la superficie esterna (fig. 2). Presenta lettere cave in cartiglio a forma di tabula ansata delimitato da un listello impresso ed è mutilo sul lato destro (cm 5 x 2,4); le lettere sono regolari e presentano marcate apicature (cm. 0,5-0,6 in r. 1 e 0,5 in r. 2, spessore cm 0,02). L'impressione è nitida e rende il testo ben leggibile. Un segno di interpunzione triangolare con vertice rivolto verso l’alto in fine r. I; un segno riempitivo a carattere vegetale è collocato nell’ansa del cartiglio. Le caratteristiche del marchio fanno propendere per un'impressione realizzata con un signaculum bronzeo(25), rientrante in una tipologia ben attestata di cartiglio(26).
Leggo:
Philet(i) {- - -?]
Albinae [- - -?]
L'analisi onomastica restituisce con ogni probabilità il nome di uno schiavo, Philetus(27), e quello che sembra a tutti gli effetti un cognomen femminile, Albina. Osservando le dimensioni e le proporzioni del cartiglio, si potrebbe ipotizzare la perdita di uno spazio contenente una o due lettere sul lato destro del marchio, per ciascuna delle due righe di testo. In questo modo la r. 1 potrebbe aver contenuto un’abbreviazione sintetica del gentilizio della donna.
Nel caso il nome della padrona sia espresso esclusivamente con il cognomen, questo costituirebbe un caso inusuale ma non eccezionale; ciò fa pensare che non dovessero esserci rischi di confusione circa l'identità della padrona, o perché ben nota, o perché l’uso del solo cognomen era più che sufficiente per l’identificazione all’interno dell'ambito di circolazione del prodotto marchiato(28).
Va inoltre ricordato che la marchiatura di laterizi non costituiva sicuramente l’ambito di utilizzo primario di un signaculum bronzeo; questi erano destinati alla marchiatura di altre categorie di materiali e per la marchiatura della ceramica pesante venivano utilizzati punzoni in terracotta o in legno. Doveva quindi trattarsi di un utilizzo occasionale, seppur pratico(29).
La combinazione onomastica tra un nome servile e quello di un uomo o donna libero, in tutta probabilità il suo padrone, è una delle numerose combinazioni che si possono individuare nei marchi di produzione(30). Il rapporto tra le due parti è solitamente esplicitato dall'uso del caso genitivo per collegare i due elementi onomastici(31).
In tale formula potrebbero essere sottintese servus e il padrone nella gestione della produzione: potrebbe da un lato essere un semplice espediente per identificare la produzione gestita dal servus menzionato o per differenziarla da altre linee produttive gestite in parallelo da altri servi; in questo caso la responsabilità della produzione rimane comunque sotto il padrone-dominus, proprietario tanto dello schiavo quanto della manifattura. Potrebbe però altresì trattarsi di un caso di peculium: in tal caso il servus agiva secondo un determinato grado di autonomia nella produzione e nella distribuzione della manifattura da lui prodotta, a seconda gli accordi originari presi con il dominus(32).
Risulta difficile proporre una datazione per il marchio, dovendosi basare esclusivamente sulla forma delle lettere e sull’onomastica: lo si potrebbe collocare genericamente in un ampio intervallo tra II e III secolo d.C.
Marchio 2
Il marchio (fig. 3) è impresso su un frammento di tegola (?) mutilo su tutti e due i lati (cm 11,5 x 15-15,5 x 3,2). Presenta lettere prominenti in cartiglio rettangolare, con due rientranze quadrangolari all'altezza della metà del lato corto, ed è mutilo sul lato destro (cm 8 x 3); le lettere sono regolari e allungate e non presentano apicature (cm 2,7, spessore cm 0,03 ca.); si nota la lettera S retroversa. Un ampio segno di interpunzione quadrangolare.
Leggo:
[---] + lli s(ervi)
Il testo costituisce la terminazione finale di un elemento onomastico, gentilizio o cognomen, in genitivo, seguito da una lettera S preceduta da un segno di interpunzione, interpretabile probabilmente nell’abbreviazione del termine servus. L'integrazione del nome che la precede presenta innumerevoli possibilità(33). Come per il frammento precedente, una datazione basata esclusivamente sulla forma delle lettere non può che limitarsi ad un ampio arco cronologico compreso tra I e II secolo d.C.
[S.B.]
Morra de Sanctis (Avellino), loc. Bosco Nuovo
Nel settore Sud-Est del territorio comunale, in località Bosco Nuovo, a breve distanza dal confine amministrativo con Conza della Campania (fig. 4) le indagini di superficie hanno permesso di individuare un affioramento di materiale antico che insiste su di una terrazza che si affaccia sul torrente Sarda (UTM WSG84, 2542953 E, 4526350 N). L’areale di dispersione, di forma pressoché rettangolare, restituisce frammenti di ceramica a vernice nera, tra cui un fondo recante al centro uno stampiglio a forma di rosetta ad undici petali(34), probabilmente pertinente ad una coppa a “bord rentrant” della serie 2784 di Morel(35) (III sec. a.C.), ceramica comune, sporadici frustuli di ceramica in impasto, cospicui frammenti di tegole con aletta a quarto di cerchio, coppi, oltre a numerosi blocchetti di calcare di medie e grandi dimensioni, sparsi uniformemente quasi a segnalare indirettamente la planimetria di strutture sepolte. Si segnala, inoltre, il recupero di alcuni pesi da telaio di forma troncopiramidale di diverse dimensioni, rinvenuti esclusivamente presso il limite N dell’affioramento, suggerendo una probabile ripartizione di spazi interni che prevedevano la presenza di settori o ambienti dedicati alla sfera femminile.
I materiali rinvenuti rimandano a un contesto insediativo risalente ad epoca tardorepubblicana (III-Il sec. a.C.).
[A.P]
Iscrizione tracciata ante cocturam
Si tratta di un frammento di coppo (?) mutilo su ogni lato (cm 11 x 9 x 1,6), sul quale è presente un’iscrizione tracciata ante cocturam (fig. 5).
Le lettere, alte cm 3 ca., sono state tracciate abbastanza profondamente con uno strumento sottile e appuntito, forse uno stilus o un mezzo equivalente, come un rametto rigido o uno stecco sottile, e sono in corsiva maiuscola. Il ductus evidenzia i movimenti dell’incisione, con un vertice più ampio dove è stato iniziato il tratto, che si assottiglia nella direzione in cui è stato tracciato. La I risulta leggermente più corta rispetto alle due lettere seguenti (cm 1,5) e tracciata con minore sicurezza.
Leggo:
Iul[- - -]
L’interpretazione più semplice consentirebbe di individuare nelle tre lettere l’inizio di un nome o di un cognome, come Iulius o affini(36).
La natura delle iscrizioni apposte ante cocturam su supporti laterizi(37) può collocarsi tanto nell’ambito delle scritture “professionali”, realizzate in officina durante le fasi di controllo e contabilità (recensio-probatio) del prodotto realizzato, tanto nell’ambito invece di scritture più casuali e personali che venivano apposte su tegole o mattoni nelle stesse fasi di essiccazione, quando il materiale era accessibile e poteva quindi essere utilizzato come semplice supporto per esercitazioni di scrittura o per apporvi dei messaggi personali(38). È difficile dire a quale delle due categorie appartenga il testo in esame, ma per la natura del ductus e del testo è possibile propendere per un'iscrizione personale e non per l’inizio di un testo relativo alla ratio tegularia.
[S.B.]
Silvia BRAITO
Antonio PUGLIESE
Desideriamo ringraziare la dott.ssa Silvia Pacifico (Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Salerno e Avellino) per aver concesso l'autorizzazione alla pubblicazione dei reperti. Ringraziamo inoltre il prof. Alfredo Buonopane per le proficue osservazioni di carattere epigrafico.
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NOTE
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(1) Per alcune riflessioni sull’estensione del territorio di Compsa si veda Camodeca 1996, 190; Kajava, Solin 1997, 334-336; Barbera, Rea 1994, 20-24; Pugliese 2010-2011, in particolare 35 ss.; Di Giovanni 2015, 101.
(2) I centri di Compsa e di Volcei, in epoca romana, furono legati in particolar modo da motivi commerciali, garantiti soprattutto da un raccordo viario secondario, il cosiddetto i collegamento Volcei-Compsa, che costituisce il più importante percorso stradale dell’intera alta valle del Sele. Come rappresentato nella Tabula Peuntigeriana, si tratta di una bretella viaria che distaccandosi dalla Regio-Capuam (via Popilia) all'altezza di Acerronia, si collegava all'asse Beneventum-Potentiam passando nei pressi del Mons Balabo. Lo stretto legame tra i due centri, che dovevano probabilmente concorrere alla realizzazione ed al mantenimento in efficienza dell'arteria stradale, è testimoniato anche da un iscrizione rinvenuta nei pressi di Colliano (SA), alle pendici del monte Marzano, che menziona un magistrato il quale ricoprì sia la carica di quattuor vir eaedilis a Compsa sia quella di aedilis a Volcei. Cfr. Bracco 1974, n. 280; Bracco 1987, 72 ad. n.; Filippone 1993, 21; EDR 106659 (a cura di G. Camodeca):
[....] OPPIO [....] PALMA [....]
V(IRO) AIIDILI IIIl (quattuor)
COM(PSAE) PATRI
(TU)LLIAE (mulieres) L(iberte)
AIIDILI VOLCIIS
(DI)ONYYSAE
MATRI
(3) Bracco 1978, 24.
(4) Sul centro di Aquilonia cfr. Colucci Pescatori 1991, 86-87.
(5) CIL, IX, 91.
(6) Un primo stanziamento all’interno dell’ager Compsanus si suppone possa essere avvenuto già all'indomani della seconda guerra punica, attraverso assegnazioni viritane di agro pubblico ai veterani di Scipione l’Africano. Sulla questione cfr. Ross Taylor 1960, 92-93; Silvestrini 2001, 271-273; Gallo 2015, 11 ss.
(7) Lib. col., I, 210,7; II, 261, 1-2 (Lach.); cfr. anche Volpe 1990, 222. Sulle assegnazioni graccane in territorio irpino cfr. Camodeca 1997; Gallo 2015, 16-18.
(8) CIL IX, 1024-1025 = CIL I2, 633-644 = ILS, 25ab; ILLRP, 473a-b = AE 1997, 322. Sui tali termini: Colucci Pescatori 1991, 94; Colantuono 1992, 11-12. Nella stessa Frigento, in questa fase sede di una praefectura graccana, verrà istituito in età sillana un municipium duovirale di cui rimane ignoto il nome, ma che scompare in epoca imperiale, momento in cui il suo territorio verrà inglobato all’interno dell’ager di Aeclanum. Sulla questione: Camodeca 2017, 108-110. Sul municipium duovirale autonomo di Frigento si veda Colucci Pescatori 1991, 95-98; Colucci Pescatori 2000.
(9) Sul termine di Villamaina, cfr. Camodeca 2014; Camodeca 2017, 110-112.
(10) CIL I² 2934; Colucci Pescatori 1991, 92.
(11) Sul termine di Nusco si veda Buonopane 2013.
(12) AE 2010, 353; Buonopane 2010-2011, 326-329.
(13) Sull’alta valle del Calore cfr. Colucci Pescatori 1998.
(14) Su tali iscrizioni, ritrovate rispettivamente tra Montella, Nusco e Montemarano, cfr. Camodeca 1996, 190; Chelotti 2000, 111-118; Camodeca 2017, 105 e 122-124.
(15) La chiesetta, le cui arcate erano ancora visibili prima dell’evento sismico del 23 novembre 1980, è raffigurata, insieme all’altra chiesa rurale di S. Andrea di Conza, quella di San Marco, nel disegno eseguito da Giovanpietro Fusco, riprodotto nella Cronista Conzana. Cfr. Russoniello 1998, 90-92, fig. 25a e 27; Celetta 2002, 5.
(16) Pugliese 2010-2011, 61-69, sito n. 17.
(17) La sigla RPI-SI è riconducibile all'attività del ceramista aretino tardo italico Rasinio Pisano, la cui produzione si colloca tra il 50 e il 120 d.C. Si tratta di un’officina che conta su un gran numero di servi e che è attestata in Italia centrosettentrionale, meridionale e in Sicilia, Grecia, nord Africa e Gallia. Bolli di Rasinio Pisano sono presenti anche a Pompei e Canosa: cfr. Pucci 1977, 9-16; Lavizzari Pedrazzini 1984, 214-233; Morizio 1990, 108. Sulla produzione di Rasinio Pisano cfr. CV Arret², 363-365, n. 1690 (1476-1558, in particolare n. 34); Rossetti Tella 1976, 237-240; Medri 1992, 122-123.
(18) La danzatrice costituisce probabilmente la decorazione di un prodotto tardo italico, antecedente la fabbricazione delle coppe emisferiche carenate a base piatta riconducibili al tipo Dragendorff 29. La figura, rappresentata in atto di danzare con lunga veste cinta ai fianchi, braccia aperte e piedi nudi, con la testa mutila della parte superiore su di cui probabilmente poggiava un cesto d’uva, potrebbe rappresentare una variante decorativa del tipo Atlante Il, forma XXX, tav. CXXIX, 1. Il tipo appare nella prima età augustea (30-20 a.C.); altre varietà possono essere più tarde, ma la cronologia rimane incerta. Per un confronto stringente del motivo decorativo si veda Morselli, Tortorici 1989, 282, fig. 293, n. 609.
(19) Il tipo è caratterizzato da un orlo a tesa variamente sagomato, a volte leggermente inclinato verso il basso o verso l’alto, con fondo a calotta oppure piano. La forma, interpretata come derivazione dai tegami a pareti oblique con grosso orlo aggettante e profondo incasso per il coperchio, sembra comparire in Italia nel corso del I sec. a.C., ed è molto diffusa soprattutto ne | e nel Il sec. d.C.; in particolare nei contesti pompeiani sembra essere presente già della fine del Il sec. a.C., ed è ampiamente attestata almeno fino ad età tiberiana: Cfr. Chiaromonte Trerè 1984, I51 e tav. 92 n. 1 (dalla seconda metà del Il ad età tiberiana); Di Giovanni 1996, 82-88 e figg. 13-15; Scatozza Horicht 1996, 136-140 e figg. 3-4.
(20) In generale, sulle “ville” dell’ager Compsanus, cfr. Rea 1982, 39; Johannowsky 1987; Pugliese 2010-2011, 175-179.
(21) Frino, Bertolazzi 2010: [-] Castricio M(arci) f{ilio) Gal(eria) Noviae Q(uinti) f(iliae) Gal(lae) / uxsori.
(22) L'area è attualmente soggetta a vincolo archeologico.
(23) La stele, rinvenuta nel 1970, è oggi custodita presso il Museo Provinciale di Avellino, Inv. 134. Cfr. Colucci Pescatori 1975, fig. 61.
(24) Kajava et alii 1997, 353: D(is) M(anibus) / Fructo Antonlialanuaria conliux et Fructus et M/axima et Maximus et / +++++s patri b(ene) m(erenti) f(ecerunt).
(25) L'uso di signacula ex aere per la marchiatura di materiale laterizio è ben attestata, sia grazie all’identificazione di diverse corrispondenze tra signacula bronzei e marchi su tegole o mattoni, sia per il gran numero di bolli su laterizio che presentano delle caratteristiche di impressione indubbiamente riconducibili all’uso di un signaculum in bronzo. Si rimanda, per la sintesi delle corrispondenze accertate e per la problematica generale, a Di Stefano Manzella 2011, 359-360. Di successiva pubblicazione, che contribuiscono alla discussione: Di Stefano Manzella 2012; Di Stefano Manzella et alii 2012; Mennella 2014; Braito 2013.
(26) Baratta 2014, 114 per la tipologia Bla (tabula ansata con ansa a coda di rondine).
(27) Solin 1996, 458. Per altre attestazioni possibili ma a mio avviso meno probabili, cfr. 713.
(28) Sulla base dei dati noti non è possibile proporre alcun tipo di identificazione per la domina e il servus. Può essere però ricordata l'affinità onomastica con una donna già conosciuta, Umbria Albina, nota per una produzione laterizia attestata nel territorio di Aufidena (Castel di Sangro - Alfedena, L'Aquila: un marchio con testo Umbriae / Albinae, vd. CIL IX, 6078, 176 e forse 178, cfr. Buonocore 1994, 362), per delle fistulae rinvenute a Roma (CIL XV, 7449, dove è ricordata con il patronimico: Umbriae C. f. Albinae; cfr. Eck 1982, 223) e forse per un signaculum ex aere (Mystici / Umbriae / Albinae; cfr. Dollfus 1967, 141 n. 35, tav. 6 n. 1). Su base onomastica è stata supposta una discendenza da M. Nummius Umbrius Primus M. f. Gal. Senecio Albinus (Camodeca 1982, 143 n. 2; cfr. PIR² V, 473), cos. ord. nel 206 d.C., appartenente alla grande famiglia degli Umbrii originari di Compsa (si veda al riguardo Camodeca 1982, 143-144).
(29) Si rimanda alla bibliografia citata in nota 25.
(30) Una suddivisione tipologica all’interno di un più ampio discorso sul valore “contrattuale” dei marchi in Andreau 2009.
(31) Setälä 1977, 29; Steinby 1993; Aubert 1994, 220-223.
(32) Per questo tipo di rapporto lavorativo si vedano Di Porto 1984; Manacorda 1985; Andreau 2004.
(33) Si vedano gli elenchi in Solin, Salomies 1994, 240-242 per i gentilizi e 452-453 per i cognomina.
(34) Lo stampiglio a rosetta centrale è una delle decorazioni più diffuse sia tra i “petites estampilles” sia sulla Campana A. Per la decorazione cfr. Morel 1965, 165, tav. 28, n.413; Bernardini 1986, 196, tav. XII, n. 128, tav. LV, n. 14; Pedroni 1986, 135-136, tav. 52, n. 258.
(35) Morel 1981, 224, pl. 73.
(36) Solin, Salomies 1994, 98-99 e 346.
(37) Fondamentale rimane Charlier 2004; si vedano poi anche Di Stefano Manzella et alii 201 I; Scholz 2012. Da ultimo Buonopane, Di Stefano Manzella 2017, con ulteriore ampia bibliografia.
(38) Una preliminare classificazione dei messaggi “personali” iscritti su materiale laterizio nell’ambito delle figlinae in Mennella 2012.
Abbreviazioni bibliografiche:
Andreau 2004: J. Andreau, Les esclaves “hommes d’affaires” et la gestion des ateliers et commerces In: J.Andreau, J. France, S. Pittia (dir.), Mentalités et choix économiques des Romains. Bordeaux 2004, 111-126.
Andreau 2009: J. Andreau, Les briques et tuiles de la région de Rome et les contrats de locatio-conductio. In: C. Cascione, C. Masi Doria (dir.), Fides Humanitas lus. Napoli 2009, 65-82.
Atlante II: Atlante delle forme ceramiche, II, Ceramica fine romana nel bacino mediterraneo (tardo ellenismo e primo Impero), Roma 1985.
Aubert 1994: J.- J. Aubert, Business Managers in Ancient Rome: A Social and Economic Study of Institores, 200 B.C-A.D. 250. Leiden 1994.
Baratta 2014: G. Baratta, Il signaculum al di là del testo: la tipologia delle lamine. In: A. Buonopane, S. Braito (dir.), Instrumenta Inscripta V. Signacula ex aere: aspetti epigrafici, archeologici, giuridici, prosopografici, collezionistici. Atti del convegno internazionale (Verona, 20-21 settembre 2012), Roma 2014, 101-131.
Barbera, Rea 1994: M. Barbera, R. Rea, Compsa e l'alta valle dell'Ofanto. Contributo per una Carta archeologica dell'Irpinia. Roma 1994.
Bernardini 1986: P. Bernardini, Museo Nazionale Romano. Le ceramiche, V, I, La ceramica a vernice nera dal Tevere. Roma 1986.
Bracco 1974: V. Bracco, Civitates Vallium Silari et Tanagri (Iscriptiones Italiae, fasc. I), Roma 1974.
Bracco 1978: V. Bracco, Volcei (Forma Italiae, Regio III-Vol. II), Firenze 1978.
Bracco 1987: V. Bracco, Regio IIl - Lucania et Bruttii. Volcei. Supplementa Italica n.s. 3, 1987, 63-87.
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