... di Conza
Da "la Fonte" ANNO I − N. 1 − Maggio 1977
Brigantaggio e briganti
IL BRIGANTE PASQUALE MAURIELLO DETTO "VUOZZO"
Nelle nostre zone il brigantaggio è sempre esistito, causato per lo più dalla miseria, dalle ingiustizie sociali, dall’arretratezza culturale delle popolazioni. Quindi, mai un fenomeno sociale di pura criminalità. Esso è...
... stato senza dubbio più violento nel periodo della cosiddetta Repubblica partenopea e dell’occupazione francese (1799−1815) e negli anni immediatamente successivi alla proclamazione del Regno d’Italia (1861−1865).
Delle Bande "sanfediste" del cardinale calabrese Ruffo che nel 1799 avevano soffocato nel sangue la Repubblica partenopea aveva fatto parte un brigante nativo di S. Andrea di Conza, Pasquale Mauriello, soprannominato "Vuozzo" (che dalle nostre parti significa "bernoccolo, bitorzolo"), il quale divenne celebre come capo brigante nel periodo che va dal luglio 1806 all’agosto 1807, durante i primi anni del regno francese di Giuseppe Bonaparte. Vuozzo si mise al servizio dei Borboni che cercavano di ritornare sul trono, contro il nuovo regime dei francesi, organizzando una banda di una cinquantina di uomini, i quali, muniti della coccarda rossa dei Borboni, lo seguirono nelle sue imprese. Egli non fu un volgare bandito assetato di vendetta, di sangue e di rapine, ma fu principalmente animato da un senso di giustizia sociale e seppe sfruttare il malcontento delle masse contadine povere dell’Alta Irpinia contro il nuovo governo francese e contro i proprietari di terre loro alleati. Difatti, solo quando era costretto, si faceva consegnare dalla gente viveri e cavalli, ma prometteva sempre che al ritorno dei Borboni avrebbe pagato ogni cosa.
Al tempo di Vuozzo la nostra Alta Irpinia era una delle zone più isolate, arretrate e povere della Provincia di Principato Ultra (che comprendeva le attuali province di Avellino e Benevento) e di tutto il Regno di Napoli. La popolazione, oppressa dalla miseria e dall’ingiustizia, spesso si faceva giustizia da sola, e vedeva nei briganti dei giustizieri, dei vendicatori delle tante prepotenze subite. E così avvenne che i contadini poveri si misero dalla parte di Vuozzo e dei Borboni contro i nuovi padroni francesi e i ricchi possessori di terre loro alleati, fornendo alla sua banda viveri, rifugio e informazioni sugli spostamenti dei soldati avversari. L’ambiente naturale coi fitti boschi, con i suoi massicci montuosi, con i paesi isolati sulle cime delle colline, favoriva quella specie di guerriglia condotta da Vuozzo, il quale, dotato di grande abilità e mobilità, evitò sempre gli scontri decisivi, limitandosi a piccole scaramucce, che però finivano con l’innervosire e stancare l’avversario. I ribelli colpivano velocemente e poi facevano perdere le loro tracce, attaccavano reparti isolati e compivano rappresaglie contro quei proprietari che si rifiutavano di fornire viveri.
Non è possibile seguire il Vuozzo in tutte le sue imprese. Gli scontri avvennero un po’ dappertutto nella zona. In particolare tra i centri abitati attaccati dalla banda di Vuozzo troviamo Andretta, Calitri e S. Andrea di Conza, "patria del capo e di altri quattro individui della comitiva". Uno di questi scontri avvenne a S. Andrea di Conza in località "Cesine" il 29 settembre 1806 tra 24 ribelli e 17 francesi, che poco dopo furono costretti a ritirarsi. L’ultima impresa di Vuozzo fu l’assalto al "Ponte di Bovino", poi ai primi d’agosto 1807, Vuozzo improvvisamente abbandonava la guerriglia e si rifugiava in Sicilia, facendo perdere le sue tracce. Nel 1815, ritornati i Borboni al trono, fece ritorno nel Regno e si stabilì ad Eboli, dove visse tranquillamente a lungo, con una pensione dei borboni, e gestendo una locanda molto frequentata.
Antonia Ricciardiello
Classe 3a B