Facciamo il punto ...
Da 'il Seminario' n. 1/2016
La chiesa di San Michele, Pro-Cattedrale dell’antica arcidiocesi di Conza, è testimone silenziosa di un’antica storia di fede che non va assolutamente dimenticata. Per fortuna nel cuore e nella mente di tanti cittadini santandreani, e non solo, sono conservati gelosamente intensi ricordi legati a ...
... questo imponente edificio di culto, che alimentano il desiderio e la speranza di poterlo riacquisire quanto prima alla piena fruibilità, dopo trentasei anni dalla sua chiusura a causa dei danni subiti in conseguenza di quel triste evento sismico, che una sera di novembre funestò l’Irpinia. Nonostante in questi anni siano stati portati a termine i lavori per il recupero strutturale e architettonico del sacro edificio, resta ancora da restaurare il ricco patrimonio artistico che lo impreziosiva e gli dava una dignità di tutto rispetto. Non sono mancate e non mancano, come si evince dai social network, le voci scettiche e a volte accusatorie di chi ritiene che questo patrimonio sia andato disperso o trafugato. È bene, una volta per tutte, fugare dubbi e illazioni ribadendo, in maniera chiara, che il cospicuo patrimonio di arredi della Pro-Cattedrale è gelosamente custodito in attesa di trovare i mezzi economici per restaurarlo e ripristinarlo nella sua configurazione originaria.
In che cosa consista questo patrimonio artistico è presto detto. Si tratta, innanzitutto, di rimontare gli altari marmorei ottocenteschi fatti realizzare dall’arcivescovo Gregorio De Luca (che resse la diocesi conzana dal 1850 al 1878), allorquando provvide al radicale restauro della chiesa, configurandola nella sobria veste neoclassica che è giunta fino a noi. Questi altari, maldestramente smontati tra la fine degli anni sessanta e gli inizi degli anni settanta del secolo scorso, sull’onda di una errata interpretazione del rinnovamento conciliare allora in voga, furono, per fortuna accantonati in alcuni locali terranei del vicino seminario. Chi scrive li individuò, unitamente ad altri arredi quali il parato di candelieri, crocifisso e palmette, in legno dorato, che troneggiava sull’altare maggiore, il coro ligneo, molte parti dell’organo, un seggio vescovile pure in legno, di semplice fattura, ma molto interessante perché simile a quello che si conserva nel palazzo vescovile di S. Agata dei Goti, usato da S. Alfonso Maria De’ Liguori. Chi scrive provvide a tutelarli, altrimenti sarebbero certamente spariti durante i lunghi lavori di ristrutturazione del Seminario, non solo perché potevano accendere l’interesse di qualche malintenzionato, ma anche per l’ignoranza di chi, vedendo solo un ammasso di pietre vecchie e legni tarlati, poteva pensare di fare una cosa buona buttando il tutto in una discarica. D’altronde, questo avvenne per l’altare della Cappella dell’Asilo “Solimine”, quando l’immobile fu riparato dopo il terremoto. Si trattava di uno degli altari settecenteschi in scagliola, proveniente dalla chiesa del Convento Francescano di Santa Maria della Consolazione e, sempre chi scrive, per pura coincidenza, informato del fatto, con tenacia ed entusiasmo giovanile andò a recuperare i frammenti tra le macerie, conservandoli fino ad oggi, con la speranza di un prossimo auspicabile restauro! Completano, poi, questo ricco patrimonio il ciclo di tele sul tema degli angeli del pittore di origine lucana Andrea Miglionico, i due maestosi confessionali lignei, il pulpito, pure in legno, intarsiato con lo stemma dell’arcivescovo De Luca, il cenotafio dell’arcivescovo Francesco Nicolai, con il busto marmoreo di questo grande pastore di origine pugliese. Si dovranno, infine, recuperare, per quanto possibile, i quattro dipinti degli evangelisti le cui tracce sono emerse nei pennacchi della cupola.
Come si vede il lavoro da fare non manca! L’Ufficio Diocesano Beni Culturali sta approntando un progetto per avere un’idea precisa di quanto serve per il restauro di tutti questi beni, tenendo presente che accanto alla chiesa di san Michele va valorizzata anche la biblioteca del Seminario, i cui libri sono stati tutti sottoposti ad una necessaria opera di disinfestazione e sono pronti per essere ricollocati negli armadi in legno di castagno fatti realizzare dall’arcivescovo Nicola Piccirilli nel 1913, in occasione del bimillenario Costantiniano (per questo motivo la biblioteca si chiama “Costantiniana”! ), non appena gli stessi saranno restaurati. L’impegno è di presentare ufficialmente, nella prossima stagione estiva, questo progetto con la speranza di trovare le modalità per portarlo a compimento a vantaggio di Sant’Andrea, dell’Arcidiocesi, di tutti i cultori del bello e della storia, ma soprattutto delle nuove generazioni che devono affondare in questo patrimonio le loro radici per dare vigore e forza al loro impegno di costruire il mondo futuro.
Mons. Tarcisio Luigi Gambalonga