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I mascheroni apotropaici ed altri elementi
(di Tiberio Luciani).
I mascheroni sono elementi ornamentali in pietra, lavorati a rilievo, costituiti da facce di persone o da figure di animali che ...
... venivano inseriti nel concio di chiave di un portale; nelle mensole dei balconi, nei fregi, allo spigolo di due pareti ed, a volte, isolati nelle facciate.
L’uso dei mascheroni ha origini antichissime. Li troviamo nell’architettura dell’estremo Oriente, in quella egizia ed in quella dell’America precolombiana, con una funzione che deriva da un’esigenza di collocare immagini sacre o di antenati o di demoni protettori all’esterno di edifici sacri o di abitazioni.
Li troviamo ancora nell’antica Grecia, dove venivano usati nei riti di esorcismo e poi come ornamento di elementi architettonici. Si ritrassero mostruose teste di Gorgoni negli acroteri, nelle antefisse dei templi (sec. VII-VI) e sulle mura delle città. Ma oltre al volto dei Gorgoni, nelle costruzioni del periodo greco arcaico, s'incontrano anche busti di animali e maschere tragiche. Si trovano inoltre anche maschere di divinità fluviali applicate alle fontane, nelle quali l'acqua scorreva dalla larga bocca. Mascheroni si trovano spessissimo anche negli arredi greci giunti fino a noi.
Anche gli Etruschi e i Romani usarono spesso mascheroni per decorare le loro architetture.
Nel periodo gotico, li troviamo, nei doccioni, nelle chiavi degli archi, nei pennacchi delle arcate, nei capitelli e nei fregi.
I mascheroni, inoltre, non avevano soltanto fini decorativi, ma anche una funzione magica, quella di allontanare dalla casa e da chi l’abitava gli influssi maligni, per questo venivano definite “maschere apotropaiche”. L'aggettivo “apotropaico” viene solitamente attribuito ad oggetti o persone atti a scongiurare, allontanare o annullare influssi maligni. Fino ai primi anni del novecento era uso comune porre sull'architrave delle porte o a ridosso di finestre e balconi queste figure, ricche di significati simbolici, testimonianze antichissime di scalpellini e mastri muratori, ricche di simboli anche esoterici ed iniziatici.
Per riuscire ad allontanare la malasorte, le maschere dovevano essere mostruose, in grado di spaventare gli spiriti maligni e tenerli distanti dall’abitazione.
Mascheroni apotropaici ed altri elementi
spazio
Queste usanze erano legate a simbolismi comportamentali ed alla “soglia”: difatti si tramanda che l’ingresso fosse sede di numerose presenze spirituali, controllato da potenti “Guardiani”, custodi dei passaggi tra i Mondi a cui era possibile accedere solo dopo aver superato particolari prove iniziatiche.
Tra i simboli apotropaici ricorrenti, collocati nei punti di accesso delle case come porte e balconi, si trovano anche il leone e la conchiglia, il primo rappresenta la potenza, forse riferito anche alla stirpe della famiglia, e la seconda invece evoca l’accoglienza.
Anche Eolo, il Dio del vento, viene spesso posizionato davanti le porte per soffiare con la sua potenza, le brutte negatività.
Altre rappresentazioni comuni, oltre quelle più o meno demoniache con corna e lingua in bella vista, dalla caratteristica funzione appunto di scacciare entità malevole, sono quelle di divinità agresti tipo fauni, o figure femminili dallo sguardo serio e i capelli intrecciati con frutti e simboli di prosperità.
Il suggestivo panorama che si dispiega riveste particolare significato sociale e artistico, costituendo nell’insieme una preziosa testimonianza legata sia alla valenza simbolica dei manufatti e sia all’abilità degli artigiani scalpellini.
Questi, intrecciando sapientemente la fantasia popolare con le precise esigenze di ciascun committente, hanno realizzato nel tempo un variegato campionario di mascheroni antropomorfi e zoomorfi.
Raffigurazioni grottesche e orride (diavoli, streghe, bacchi, grifoni, fate della casa, ecc.) rimandano perciò ad un immaginario demoniaco, nella sua doppia valenza di uomo e animale che, barbuto o cornuto, esorcizza la presenza, sempre temuta, del Male.
Un discorso a parte meritano i due mascheroni posti nella parte centrale della fontana dell’Episcopio, ai quali è difficile associare una funzione apotropaica; piuttosto ne hanno una puramente decorativa, in quanto queste maschere rimandano a quelle utilizzate nel teatro greco, rappresentando, quella a sinistra, la “tragedia” e, quella a destra, la “commedia”.
Una copia della fontana e delle maschere di dimensioni ridotte è stata eseguita nella seconda meta del ‘900 da Michelangelo d’Angola di Nicola e sistemata nel proprio giardino. Anche qui le maschere, riproposte con disegno simile ed uguali tra loro hanno la sola funzione decorativa.
L’elemento zoomorfo che ritroviamo sui due lati di un portale in Via Battisti, nella cornice, ha un significato diverso da quello delle maschere fin qui descritte.
Simile nel disegno all’elemento che troviamo nella mensola della casa in calata San Marco, ha una funzione puramente decorativa, la faccia non è rivolta verso l’ingresso a protezione dell’uscio, ma verso l’esterno e gli elementi floreali e la frutta scolpita fanno pensare più ad una soluzione che parla di abbondanza e di accoglienza.
La maschera in copertina del libro "Le pietre di Sant'Andrea" è situata al primo piano di un edificio ad angolo tra Via Scolatoio e Largo Castello ed ha meritato la copertina perché, oltre ad avere una notevole valenza artistica, stava per essere distrutta quando fu realizzato l’intonaco di facciata. Mi ha raccontato il figlio del proprietario che il padre, quando i muratori gli chiesero di toglierla per uniformare la facciata con l’intonaco, si oppose e disse di lasciarla lì perché proteggeva dal “malocchio”. Penso che resterà al suo posto ancora per molto tempo.
Tiberio Luciani