... Sant'Andrea di Conza
Gli eccidi e la pulizia etnica in Dalmazia
Ciò che mi ha spesso condizionato nel limitare l'interesse per questa tristissima parte della nostra storia è stato il sospetto che per mera contrapposizione partitica si volesse sminuire l'orrore dello scempio della shoah operato dai nazi-fascisti sostenendo che altrettanto avevano fatto i comunisti.
Ma, a quanto pare, questo è un ragionamento troppo semplicistico perché non si tratta affatto di ...
... una partita di calcio o di un litigio di condominio tra parti avverse anche se, effettivamente, qualcuno ha voluto nascondere e occultare, se non negare, lo sfregio di questa pagina tragica della nostra storia.
La dimensione e la gravità di quanto ebbero il coraggio (la vergogna) di fare i nazi-fascisti sono incomparabilmente più gravi di quello che fecero i comunisti di Tito nella Dalmazia ma ciò non toglie che ignorare ciò che accadde in questa regione "europea" sia forse ancora più grave.
Ciò che molti compaesani probabilmente ignorano è che almeno una persona tra gli esuli di quella regione è poi, fortunatamente, finita proprio a Sant'Andrea di Conza dove ha portato una ventata di amore e di dolcezza ed è stata un esempio di civiltà e di serietà.
Riteniamo pertanto necessario dare anche a questi avvenimenti un po' di risalto e farne un cenno anche tra queste pagine.
Niente di meglio, allora, che riportare alcuni brani di autorevoli autori che danno una luce esauriente su quanto avvenne in quei tristi giorni.
R. C.
Dalla dichiarazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella:
«Il “giorno del Ricordo”, istituito con larghissima maggioranza dal Parlamento nel 2004, contribuisce a farci rivivere una pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata: le terribili sofferenze che gli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto l’occupazione dei comunisti jugoslavi. Queste terre, con i loro abitanti, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo.
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... oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi. Questi ci insegnano che l’odio la vendetta, la discriminazione, a qualunque titolo esercitati, germinano solo altro odio e violenza...»
Dall'intervento di Lucio Toth sulla Dispensa di Storia Giuliano Dalmata prodotta dal Comitato A.N.V.G.D. di Torino e dalla Consulta Regionale A.N.V.G.D. del Piemonte.
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Perché di questi eventi, che hanno una loro obiettiva gravità e che sono l’unico esempio di esodo collettivo nella storia del popolo italiano, si è taciuto per tanti anni, fino a poco tempo fa?
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La situazione dell’Europa durante la guerra fredda e quella interna dell’Italia in particolare avevano instaurato, a partire dal 1954 - anno della restituzione all’Italia della sola Trieste con il Memorandum di Londra - una sorta di conventio ad silentium, che coinvolgeva un po’ tutti i partiti del cosiddetto "arco costituzionale", nonché le opinioni pubbliche del resto d’Europa e degli Stati Uniti. A chi del resto poteva interessare la storia di un piccolo popolo di neanche mezzo milione di persone?
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In un senso più ampio la sorte degli italiani della costa orientale adriatica è un paradigma della barbarie ideologica del Novecento. Essi hanno pagato lo scontro tra due ideologie totalitarie, senza le quali il conflitto etnico italo-slavo si sarebbe potuto risolvere in altro modo, senza una tragedia e un’ingiustizia collettive di tali proporzioni.
Il modello di vita di quegli italiani era legato alla sopravvivenza del senso della legge e della libertà individuale, che è il cardine della civiltà occidentale.
Con le loro tradizioni municipali di autonomia erano rimasti come sospesi in una dimensione ideale, fra tradizione e modernità. «Order of law» è l’essenza stessa del progresso umano dell’Occidente, fondato sul prevalere della legge, come patto tra uguali, rispetto ai vincoli di sangue, di etnia, di tribù, di clan.
È il segno distintivo della civiltà greco-romana, il fondamento della Civitas, della Polis; la base giuridica e filosofica della futura democrazia liberale.
È il Nomos a dettare le regole, l’ordine su cui si fonda la convivenza tra eguali, il patto di tutti i cittadini che vivono su uno stesso territorio intorno alla Polis, che di questo Nomos è depositaria.
In questo senso le città italiane della Dalmazia e della Venezia Giulia sono state le vittime di uno stravolgimento epocale che voleva riportare l’umanità a una situazione di pre-civiltà, cioè di barbarie tribale, in cui finisce per risolversi ogni nazionalismo razzista, come si è rivisto nei recenti conflitti balcanici del decennio appena trascorso.
Le ideologie totalitarie del Novecento si fondavano sui miti della razza e della classe, finendo per esasperare in conflitti etnici le concezioni nazionaliste dell’Ottocento, che pur avevano avuto il merito di creare gli Stati nazionali indipendenti.
La pulizia etnica subita dagli italiani della Venezia Giulia e della Dalmazia trova la sua interpretazione più convincente in un incontro perverso tra nazionalismo esasperato e ideologie totalitarie, che si proponevano la soluzione dei problemi delle aree mistilingui attraverso l’eliminazione fisica del «nemico totale» (del popolo o della razza) e l’espulsione delle popolazioni non desiderate dal territorio dello Stato totalitario.»