... di Conza un vecchio problema
Questo articolo, ritrovato per caso tra vecchie carte, fu pubblicato, venerdì 18 febbraio 1949, su "IL POPOLO" di Roma. Lo riproponiamo qui, in omaggio al sindaco dell'epoca, Don Ciccio Bellino, del quale il 24 maggio 2013 è caduto il centenario della nascita, nonché all'autore del pezzo, Luigi Limongelli, giornalista e scrittore santandreano dell'epoca. Da esso traspare ...
... l'intensità della dedizione all'interesse per il paese da parte di entrambi ed è da ritenere ancora attuale (almeno per quanto attiene all'impegno e alla correttezza dell'operare).
Corroso da numerose frane l’abitato di Sant’Andrea di Conza(*)
Se gli aiuti non saranno larghi e immediati uno dei
più bei paesi dell’Irpinia è destinato a scomparire
S. ANDREA DI CONZA, febbr.
Se conosco il Comune di Sant’Andrea di Conza, nell’estremo lembo della provincia di Avellino? Io che ne debbo lungamente parlare?! Io che ne debbo lungamente scrivere?! Io che ne debbo segnalare i vari mali che – da anni, cioè da circa mezzo secolo – lo conturbano e lo tengono continuamente in uno stato di inferiorità di fronte a molti altri Comuni della regione e delle provincie viciniori, Salerno e Potenza. Non vi sono nato; ma vissuto – sì – da quand’ero in fasce. Quindi ogni sasso m’è vicino! come mi sono vicini gli spigoli delle case contro i quali mi rifugiavo per dichiararmi vincitore nei giuochi infantili: al « venitò »! come mi sono vicini gli spiazzali del « Convento » e del « Purgatorio »! come mi sono vicini gli archi che congiungono il Palazzo Arcivescovile – grande costruzione secolare – alla Vice Cattedrale San Michele, quello della « Porta della Terra », quello della calata della Chiesa Madre e del palazzo del fu don Sabato Solimene – della famiglia del grande magistrato Solimene che umiliò la tracotanza di Ferdinando IV, re delle Due Sicilie – e infine quello di casa Gallucci, nel vicoletto dietro la Piazza centrale! come mi sono vicini i viottoli che conducono al « Tambozzo » ed al « Sambuco »! A questo proposito debbo ricordare che non poche volte le idee e le trovate dei piccoli paesi di provincia diventano grandi idee e grandi idee e grandi trovate: Oltre quarant’anni fa il popolino aveva creato al « Tambozzo » una reginetta, la più bella ragazza del rione, alla quale la cittadinanza decretò un riconoscimento morale tale che ne determinò una richiesta di nozze da parte di un giovane residente in New York. E le nozze avvennero regolarmente oltre il grande mare!
Tutto conosco di Sant’Andrea di Conza e di tutto posso parlare, anche se il nocciolo del discorso – che è troppo amaro – io lo trascino sin dal 1920, e cioè da quando un’amministrazione Comunale – nata fuori dei soliti trucchi – si dedicò al paese con vero e devoto amore di figlio. Conosco Sant’Andrea e vi potrei camminare anche se non avessi più occhi, come un cieco percorre la sua casa ed infila gli usci e la porta d’ingresso con una facilità da stupire! come la mamma che – avendo chiusi gli occhi – accosta la boccuccia del lattante alle sue labbra sempre assetate d’amor materno! come il medico curante gli arti ammalati del suo paziente!
Frane e fognature
Una dichiarazione? una messa a punto? Sicuro. Debbo giustificare il perché lo scrivo questo articolo da Roma, e da Roma io mi occupo di un paesello tra i più ridenti che la già ridente Irpinia possa contare.
Ma più che ai lettori, io devo la mia giustificazione a tutte le Autorità – da quelle Governative a quelle Provinciali – che mi leggeranno e dovranno poi provvedere in merito.
Tutto non è senza motivo, qui dentro. Scrivo dalla Capitale, perché qui – ora è qualche giorno – ho incontrato il Sindaco Francesco Bellino di Sant’Andrea di Conza. Non so perché – vedendolo – mi vennero sulla bocca i versi dell’Alighieri: « … Volgiti, che fai? – Vedi là Farinata che s’è dritto: – Dalla cintola in su tutto ‘l vedrai ». E come Farinata – nobile figura di tempra durissima – egli m’apparve, aitante nella persona, di mole non frangibile, deciso nell’atteggiamento, preoccupato nella esposizione dei desideri in favore della sua cittadinanza, compreso della sua alta missione.
– Sono a Roma per domandare aiuto a tutti. Il mio paese – anzi il nostro bel paese – è sulla via della sua liquidazione definitiva. Io desidero far udire la mia voce – che è la voce di oltre tremila anime in pena da oltre mezzo secolo – a tutte le Autorità della Capitale, specie al Ministro Tupini dal quale dipende la salvezza di oltre quattrocento famiglie.
Cercai di calmarlo, promettendogli il mio modesto incondizionato aiuto a favore di una popolazione che io ho amato per la sua bontà e per la sua semplicità. Ma egli era effettivamente costernato.
– Aiutatemi! – Egli mi disse con voce che nascondeva un tormento. – Aiutatemi anche voi! – egli mi ripeté con accento stanco, questa volta – Io non intendo fare il Sindaco – egli continuò – per appagare qualche mia segreta ambizione o per esercitare soprusi o basse vendette …… Io sono stato eletto dalla cittadinanza; in conseguenza, io dovrò essere devoto servo del miei concittadini, che vorrei ed intenderei vedere almeno al sicuro dai pericoli che minacciano l’abitato di S. Andrea. È questa una legittima richiesta, come tante altre, soddisfatte in altri comuni, forse meno urgenti. Le frane… le frane non hanno sosta dal rodere le radici del paese. Esse – tutte le notti e tutti i giorni – sia pure lentamente – vanno divorando uno dei comuni più belli dì quelle nostre contrade, limitate anche da provincie diverse, Salerno e Potenza, mentre a poca distanza si delinea Foggia. Voi conoscete meglio di me la planimetria di S. Andrea.
Bene! Ogni ora che passa, tutto il fianco destro (mettendosi con le spalle in direzione dl Monte Calvo) che va dal palazzo Arcivescovile, Seminario, discesa del «Tambozzo» sino alla rotabile, cammina … cammina per proprio conto, mettendo in pericolo gran parte dell’abitato. Qualche casa è già crollata, in data antica e recente. Volete che vi faccia tutta la storia che compendia il problema delle frane ed il rassodamento dell’abitato? La prefettura di Avellino – sin dal 1911 – informava che il progetto per il consolidamento del paese era stato approvato ed erani stati anche stanziati i fondi. Più tardi, una nuova informazione – sempre da parte della prelodata Prefettura – metteva al Corrente il Sindaco del tempo che le opere di consolidamento non avrebbero avuto più luogo, perché le somme stanziate erano state assorbite dai comuni terremotati. Ironia della sorte! Tengo a ricordarvi che il comune di S. Andrea di Conza doveva essere considerato proprio tra quelli terremotati, poiché il 10 agosto (o 7 agosto?) 1910 esso fu scosso quasi con la medesima violenza insieme a quelli di Calitri, di Lacedonia e di Aquilonia. Le frane – è vero – non sono come i terremoti. Questi distruggono improvvisamente; ma quelle sono un po’ come il male sottile che avvelena e poi uccide gli uomini. Esse, quindi, possono considerarsi tali nei riguardi delle costruzioni di tutto un intero abitato. Rodono lentamente, ma giunte al momento buono esse travolgono con la distruzione, senza pietà persone e cose. È mio dovere, quindi, preoccuparmi in tempo in favore di quelle già tanto disgraziate popolazioni. Il Governo deve venirci incontro. Ci venga incontro il Piano Marshall! Ci venga incontro quello ERP! Ci venga incontro chiunque, purché si evitino sciagure e disastri, i quali – allorché si sono abbattuti su cittadinanze inermi ed impotenti a reagire – portano a conseguenze, di cui non si può conoscere l’entità, l’asprezza e l’infinità dei lutti.
Costruzione delle fognature
— Io farò tutto quanto è in me, per evitare che ciò, avvenga; ma – se il destino ha così duramente deciso – la cittadinanza dovrà sapere che il suo rappresentante ha tentato tutte le vie per evitarle tante sciagure e per allontanarla il più possibile dalla miseria.
– Ti comprendo, e comprendo anche lo stato del tuo animo. Bisogna però confidare nella buona stella e nell’animo – sommamente apprezzabile – del Ministro Tupini ed anche in quello dell’ing. Leopoldo Ambrosi De Magistris, Provveditore alle Opere Pubbliche di Napoli, il quale conosce S. Andrea, per aver egli iniziata, si può dire, la sua carriera brillante nel Genio Civile di Avellino e di S. Andrea – come egli ha avuto modo di parlarmi – conserva veramente un carissimo ricordo. Che è stato fatto delle fognature?…
– … meglio tacere. Or ora, vi ho accennato alla presa in giro del Governo del tempo, e cioè di quello del 1911, che dilazionava – senza speranze – le necessità impellenti del nostro comune terremotato. Da allora, tutti gli altri governi che si sono susseguiti, non hanno avuto mai … una somma da poter spendere per il consolidamento dell’abitato di S. Andrea di Conza. Pensate, sono trascorsi ben 38 anni. Se un cittadino privato avesse mantenuto così i propri impegni verso un creditore, gliene sarebbe derivato certamente un giudizio civile e penale, e, quando tutto fosse mancato, esso – di fronte al pubblico – avrebbe perduto la fiducia morale. Il Governo, invece, può perdere tutto, senza arrischiare nulla. Ed intendo riferirmi ai governi che furono perché – come voi giustamente mi suggerite – io dovrò avere molta speranza in questo nostro, formato di uomini che hanno oltre all’intelligenza anche un cuore. Il medesimo fatto è accaduto con la costruzione delle fognature, il cui progetto – fatto eseguire a spese dell’Amministrazione – venne approvato e spedito a Napoli, sin dal gennaio 1948. Vale a dire oltre un anno addietro. Finalmente una comunicazione – come tante altre comunicazioni del genere – ci hanno fatto sapere che i fondi occorrenti abbisognano per opere di maggiore mole e più urgenti delle nostre. Come vedete, sempre la medesima solfa. Agli altri, tutto; per il nostro comune, invece, non esiste neppure una briciola che – sempre, sempre e poi sempre – cada dalla tavola del ricco Epulone. S. Andrea di Conza, quindi, non è considerata neppure come espressione geografica della Repubblica Italiana.
Il mio Farinata era tutto acceso in volto. Il discorso – misurato ed opportuno – non faceva una grinza. Io non gli potetti obiettare nulla.
La storia dolorosa – vissuta goccia a goccia dal comune di S. Andrea di Conza nella meravigliosa regione irpina – è di quanto più commovente si possa immaginare. Finirò di narrarla domani, con le stesse parole con cui il Sindaco Francesco Bellino l’ha iniziata, con voce persuasiva e con cuore di figlio devoto.
LUIGI LIMONGELLI
(*) Da “IL POPOLO”, Venerdi 18 Febbraio 1949.