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Il covid-19 a Sant'Andrea ...

... di Conza


INSIDE COVID

Un bellissimo articolo di un giovane santandreano, sensibile al grave problema del covid-19.
Tratto da "il Seminario" n. 4/2020

Sul Covid-19 è stato detto di tutto e di più: tutto il possibile da parte degli scienziati e degli addetti al lavoro, di ...

... più da parte di competenti dell’ultima ora. Un argomento così forte e coinvolgente da sostituire il calcio o il gossip dai più gettonati argomenti di discussione. E dal momento che i bar, i ristoranti e i locali, come luoghi di discussione, venivano chiusi, i social media ne prendevano il posto, anche perché non è per essi previsto alcun lockdown. È stato detto di tutto e di più: che era stato prodotto dai cinesi e poi diffuso worldwide per meri calcoli economici e strategici; che è un semplice virus avente gli stessi effetti dell’influenza stagionale.

Per arginarlo e così metterlo in condizioni di non nuocere, i governi di tutte le nazioni del mondo, nessuno escluso, si sono inventati strategie come il lockdown totale. Per esso abbiamo aspettato mesi, quando prima occorrevano anni, per veder prodotto un vaccino o più vaccini in grado di circoscrivere ed eliminare questo pericolo. E questo vaccino è arrivato e tutte le nazioni, soprattutto quelle più ricche, hanno iniziato da mesi la campagna di vaccinazione. Ovviamente i competenti dell’ultima ora sanno tutto di Pfizer, Moderna, Astrazeneca o Sputnik e sanno tutto perché erano presenti durante le varie fasi della elaborazione del vaccino.

Una cosa, però, mette d’accordo tutti: il virus colpisce tutti, tutte le classi sociali, dai ricchi ai poveri, dal presidente dell’America ai pensionati e ai disoccupati. Un virus che abbraccia tutte le generazioni, dai più piccoli ai più anziani, ma con effetti diversi: asintomatici, paucisintomatici e pluri-sintomatici. E quando poi tiriamo le somme ci troviamo con migliaia di morti. Sì, qualcuno dirà che essi presentavano altre patologie e che il virus aveva dato il colpo di grazia. In tutto questo tempo abbiamo indossato mascherine, lavato mani, aperto finestre, mantenuto distanze.

Abbiamo evitato abbracci, strette di mano, segreti inconfessabili all’orecchio, luoghi affollati, la frequentazione di palestre, cinema... Abbiamo rinunciato a incontri familiari o con gli amici in pizzerie e ristoranti. A molti è andata bene, ad altri meno. Mio padre aveva rispettato tutte queste misure in modo maniacale, ma questo non gli è bastato a tenere lontano il virus.

Una sera, a cena, arriva una chiamata: “... da oggi sei in isolamento fiduciario. Un collega ha fatto il tuo nome tra i contatti”. Tempo 2 giorni, dopo aver avvisato il sindaco e il medico di famiglia, i primi sintomi: perdita dell’olfatto e del gusto, spossatezza, dolori muscolari. Dopo qualche giorno arriva la dissenteria e, a causa di questo collasso, il ricovero urgente in ospedale. Negli stessi giorni i sintomi si presentano anche a noi. Papà è in ospedale e noi facciamo il tampone privatamente. Anche noi positivi. L’ASL è assente, come tutto il sistema sanitario. Ci curiamo attraverso le informazioni dei social media. I sintomi ci sono, fortunatamente non gravi. Alla fine, chi prima chi dopo, ne usciamo tutti. Posso paragonare questo viaggio nel Covid all’attraversamento del deserto. Ogni giorno che passava, soprattutto i primi giorni, era un salto nel vuoto: non sapevamo come evolveva il tutto. Abbiamo vissuto attimo per attimo, giorno per giorno, l’incertezza del contagio, abbiamo scoperto e preso coscienza della fragilità del nostro corpo e della nostra esistenza.

A darci la forza di lottare e di sconfiggere il male sono state le preghiere, ma anche la solidarietà della gente di Sant’Andrea, che c’è stata vicina nei momenti più oscuri. Eravamo isolati, non potevamo uscire, ma gli amici, i familiari, tutta la popolazione si è messa a disposizione. Insomma, a noi è andata relativamente bene. Ma tutto questo non può essere visto soltanto come un colpo di fortuna, più di qualcuno, purtroppo, questa fortuna non l’ha avuta.

Spero soltanto che da questa pandemia ne usciremo tutti, ma soprattutto che ne usciremo tutti migliorati nello spirito, più empatici, più solidali e più vicini a chi soffre. “Chi nega, alla fine annega”.

Carmine Francesco Ruggia


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