... tradizione e rivoluzione
Da 'il Seminario' n. 2/2022
Parlare oggi di agricoltura, alla luce dei più recenti eventi bellici, e non solo, dopo la fase di lento e costante spopolamento-svuotamento delle ‘ossute’ aree interne (le nostre), dopo la facile illusione e adesione al credo ‘industrializzazione’, come solo rimedio alla ...
... complessa situazione economica, in cui da sempre versa il nostro territorio, non è semplice. Dopo la benvenuta scolarizzazione di massa, che è coincisa con il boom economico degli anni 50-60 e che ha visto tanti giovani, figli di artigiani, contadini e braccianti, voltare le spalle al ‘mondo di origine' per inseguire il sogno ‘borghese’ di un impiego (la stessa storia di Sant'Andrea degli ultimi 60 anni ce lo conferma), parlare oggi di agricoltura, dicevo, vuol dire riprendere la trama di una narrazione che si è interrotta per un certo periodo e che ora, dopo la grande illusione, ritorna a diventare argomento di impresa.
Non è un caso che negli ultimi anni, proprio in questa parte d’Irpinia, siano nate nuove scuole, nuovi corsi di diploma, come nel caso di Calitri o Calabritto, che hanno creduto nella rinascita del settore primario, troppo a lungo bistrattato.
Gli ultimi anni sono stati determinanti per far si che l'agricoltura e il mondo ad essa legato smettesse di essere considerata la cenerentola dei diversi settori economici e il nuovo modo di vivere la vita e il lavoro l'hanno resa più 'cool'. Con 60 anni di industrializzazione forzata (interessante per una puntata di ‘Chi l’ha visto?'), la figura del contadino o del bracciante è quasi scomparsa. Nel frattempo le terre sono state abbandonate o riconvertite per far posto alla produzione di torri eoliche; i giovani sono andati via, per necessità o per ‘fashion’, ma non tutti. Qualcuno è restato, testardamente e coraggiosamente.
Il nostro territorio dell’Alta Irpinia non si è ridotto ad una Waste land. Qualcuno testardamente ha continuato a credere nell’impresa di famiglia. Qualcun altro si è avvicinato stanco dell’effimero o del pensiero mainstream, convinto che il bon vivre passa anche per un contatto più autentico e genuino con la natura. Ma cosa ha reso possibile tutto ciò? Una risposta banale ma sorprendente: la tecnologia.
Stiamo assistendo al varo (da almeno 20 anni, direi) di una nuova agricoltura, un’agricoltura che chiameremo 2.0 o addirittura 4.0, per parafrasare la quarta rivoluzione industriale.
Un’agricoltura che si basa sull’applicazione e sull’uso di tecnologie innovative nel campo dell’agrifood e sull’aggiornamento dell’agricoltura di precisione, basata su un modo rivoluzionario di produrre e di interagire sul mercato. Non sono più i tempi dei braccianti in piazza Umberto primo, in attesa di una chiamata per qualche giornata di lavoro nelle vicine province di Foggia o Potenza.
Questa nuova agricoltura tiene conto di tanti fattori, dall’automazione della raccolta all’interazione e all’analisi dei dati che provengono direttamente dai campi, con l’uso di sensori, dall’uso sapiente delle risorse idriche alle tecnologie per il planting, adattate alle caratteristiche biodinamiche e fisiche del suolo, dall’uso e somministrazione di antiparassitari a quello dei fertilizzanti.
Insomma assistiamo ad una rivoluzione agricola proprio là, in un settore da sempre considerato tradizionale e poco incline al cambiamento ma che ora, grazie all’aiuto sapiente delle tecnologie, riesce a riconquistare un’appeal, che nel tempo aveva smarrito.
E poi, non dimentichiamo che la razionalizzazione del percorso dei prodotti, dal campo alla tavola, improntata sulla sostenibilità, ha un impatto positivo anche sulla salute, perché al consumatore finale arriva un prodotto più controllato e fresco, diversamente che con le tecniche tradizionali, in cui viene fatto un uso non limitato di sostanze chimiche.
Tutto questo processo passa perciò attraverso la digitalizzazione e l'uso di tecnologie, come l’agrimetereologia, big data o il blockchain, cioè la catena distributiva del prodotto, ma anche ad un uso di strumenti connessi, come l’uso di droni o di moderni sistemi di irrigazione, soprattutto nelle colture idroponiche, dove addirittura in queste ultime la coltivazione della pianta è fuori suolo, cioè senza terra e grazie all’acqua in cui vengono sciolte sostanze nutritive adatte a far crescere le piante. Una grande sfida per il futuro dì questo nostro pianeta, che si sta avviando a salutare l'8° miliardesimo abitante della terra.
Carmine Ruggia