... di Conza]
Un articolo ancora attualissimo
Tratto da 'il Seminario' n. 4/1997
Scritto dalla compianta signorina Gerardina Zampella, e pubblicato quasi 30 anni fa, questo articolo ci trasmette una sua lucida e preziosa eredità ma, soprattutto, qualche speranza.
Una nota di plauso giunga alla redazione per l’ottimo lavoro condotto in questo primo anno del periodico “Il Seminario”, che ha riscosso notevole favore e tante manifestazioni di ...
... compiacimento e di apprezzamento da parte di amici, amatori e studiosi.
E’ una pubblicazione davvero encomiabile e per la sua impostazione e per la qualità degli interventi, ma è ancora più meritoria per il coinvolgimento di tanti giovanissimi che hanno dimostrato la presenza in paese di fresche intelligenze, di buoni sentimenti e di qualità culturali ed umane.
Sulle sue belle pagine dovrebbero riflettere quelle persone, non poche per la verità che, forse perché nostalgiche di un passato ideale, si ergono a giudici intransigenti, condannando l’attuale gioventù santandreana come irrimediabilmente persa in una vita balorda e priva di interessi (basti pensare alle voci fatte circolare con insistenza in questo periodo di vacanze natalizie).
Io dico che non è così. Io credo molto nei giovani e soprattutto nei giovani di S. Andrea, forse perché ho avuto modo di constatare altre realtà e di operare confronti. La mia lunga esperienza di docente mi ha insegnato che essi, se presi, se opportunamente guidati, se sollecitati nei loro interessi preminenti sanno dare il meglio di sé e talvolta riescono a dare lezioni di vita persino a chi crede di saperne più di loro. Ma se fosse come questi moralisti ritengono, di chi sarebbe la colpa? Non certo dei giovani. Cosa abbiamo fatto noi per renderli migliori? Quali opportunità abbiamo offerto loro per esternare le loro doti nascoste ed impegnare socialmente le loro capacità?
In nome del progresso e del benessere a tutti i costi, senza volerlo abbiamo trasmesso nei giovani il rifiuto delle loro radici, creando un muro d’ombra tra la vecchia e la nuova generazione provocando la scomparsa persino di quei valori che non dovrebbero conoscere tramonto.
Senza rendercene conto li abbiamo educati alla prepotenza e alla conflittualità, perché abbiamo trascurato noi per primi quello che avrebbe dovuto essere l’obiettivo essenziale della nostra opera: la formazione di una più elevata sensibilità per i problemi della vita associata che, di conseguenza, purtroppo appare snaturata persino nelle sue più peculiari connotazioni.
Credo che questo gli autori de “Il Seminario” l’abbiano capito e perciò la loro iniziativa diventa ancora più meritevole.
Io mi permetto di dare alla Redazione un modesto suggerimento che mi deriva dalla mia esperienza scolastica, da una sentita vicinanza all’animo dei ragazzi e dai risultati lusinghieri ottenuti in un certo tipo di attività: quello di dare uno spazio maggiore al passato del nostro paese, ricco di tradizioni, di vita, di storia, di cultura, affinché i giovani vengano posti di fronte ad una realtà passata, ma ancora così vibrante in ogni cosa e in ogni angolo di S. Andrea, densa di valori, perché la conoscano, l’apprezzino, l’amino.
Uno degli effetti più singolari di questa nostra civiltà dei consumi è senza dubbio il declino dei valori del passato, della storia, intesa almeno nei suoi tratti più appariscenti, e un certo istintivo rifiuto della tradizione quasi che la novità a tutti i costi acceleri quel processo di qualificazione sociale e che, in realtà, si traduce molto spesso in un processo di livellamento e uniformazione quando addirittura in aridità.
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E se da un lato il fenomeno presenta sul piano sociologico innegabili aspetti positivi, dall’altro lato finisce col provocare a poco a poco la [s?]comparsa di molte tradizioni, usanze e riti, che di una civiltà costituiscono patrimonio umano e poetico insieme.
Incoraggiamo i nostri ragazzi alla ricerca delle loro radici, della identità, all’indagine demologica sulla gente, sulla nostra realtà, al confronto fra la vita odierna e le tradizioni, alla verifica di eventuali analogie e differenze, alla riflessione sulle grandi manifestazioni del vivere collettivo come massimo strumento di coesione e di aggregazione sociale.
Condurre una ricerca del genere potrebbe sembrare cosa facile: basta guardarsi intorno, si direbbe, parlare con le persone anziane e il gioco è fatto. E invece non è così semplice.
Il nostro ambiente è in continuo divenire; la gente cambia, progredisce; le consuetudini e le tradizioni, anche se trapiantate su quelle antiche sono sempre meno genuine, sempre meno sentite. Tutto ciò che possiamo definire cultura popolare va dileguandosi sotto l’incalzare dell’evoluzione dei tempi di sempre nuove ragioni politico – sociali, dell’abbandono delle attività agricole e artigianali, della meccanizzazione, dell’informatica. Quello che è rimasto potrebbe essere raccolto nelle pagine di questo periodico, sicuri di fare cosa gradita ai santandreani locali, ai santandreani che per motivi diversi non abitano più a S. Andrea e soprattutto agli stessi giovani che in attività del genere hanno sempre mostrato impegno, interesse ed entusiasmo, spinti da un grandissimo desiderio di conoscere e capire meglio l’anima, la vita, la bellezza, la storia del loro paese natio. Molto si potrà attingere dalla viva e fresca sorgente del vivere quotidiano locale, dove questo non rispondesse al bisogno, da persone anziane di ogni età e ceto, ma sicuramente i ragazzi saranno spontaneamente indotti ad un lavoro più serio e coinvolgente, ad un’indagine personale sulla realtà socio-culturale ed economica di un tempo, sugli antichi mestieri, sullo stile di vita contadino, sugli oggetti d’uso, sulla lingua, sull’aneddotica, sul rituale del sacro e sulla sfera del magico, sui canti, sui personaggi e su tutti gli elementi che formano il patrimonio collettivo, inteso non come oggetto di curiosità, ma come soggetto di riflessione storica come quella serie di beni e di valori in cui si attua lo spirito.
Questa cultura, perché tale è da intendersi, giunta a noi di generazione in generazione, magari da analfabeta ad analfabeta, sembra oggi un mondo remoto; gli avvenimenti passati ci appaiono come appartenenti a secoli addietro.
Le usanze, i costumi, le tradizioni, la cultura, la lingua dei nostri padri non sono invece lontani di secoli, sono appena dietro le nostre spalle, fanno parte del nostro patrimonio culturale, del nostro abito mentale, sono l’humus del vivere odierno, di quella nostra cultura che molto spesso snobba quell’altra cultura più povera, ritenendosi la più accademica e l’unica a legittimare il progresso e il civile divenire della società.
Aiutiamo i nostri giovani a capire questo, aiutiamoli a vivere l’oggi senza dimenticare o, ancor peggio, rinnegare il passato, consolidiamo il valore di testimonianza di questo periodico attraverso il recupero della memoria di quella civiltà e di quella cultura che, anche se passata, è ancora la più presente e la più vera nello spirito di tutti noi, nella consapevolezza che solo un’approfondita conoscenza delle proprie radici può contribuire alla coscienza di sé quali appartenenti alla stessa comunità locale e alla formazione di una sensibilità sociale ed umana.
GERARDINA ZAMPELLA