... a Sant'Andrea di Conza
Da "il Seminario" n. 4/2021
Presentato il libro "S. Andrea di Conza nel Settecento attraverso i libri parrocchiali"
Pochi giorni fa, dopo quasi due anni dalla sua pubblicazione, è stato presentato un libro che, senza nulla voler togliere ai tanti altri dei quali si è parlato nelle varie manifestazioni organizzate in questo paese, si può dire sia rimasto “orfano” o forse “abbandonato” ...
... mentre è da ritenere un caposaldo della storia del nostro paese e che meritava ben altra attenzione.
La Parrocchia San Domenico e la Curia Arcivescovile hanno determinato di sostituirsi ad altri organismi e gravarsi dell'onere di sostenere un lavoro che fa onore a loro e a quanti hanno a cuore la vita del nostro piccolo centro e dei suoi abitanti.
Il giorno 30 novembre 2021, nella Chiesa Parrocchiale di San Domenico, dopo la Santa Massa dedicata al nostro patrono Sant'Andrea apostolo, alla presenza delle Autorità religiose, civili e militari, con il coordinamento di Mons. Tarcisio Gambalonga, Direttore dell’Ufficio Diocesano dei Beni Culturali nonché parroco di Lioni, hanno parlato del libro il nostro parroco Mons. Donato Cassese, il Dott. Arcangelo Bellino, il Dott. Nino Gallicchio, il Prof. Gerardo Vespucci e S. E. Mons. Pasquale Cascio.
Don Donato ha sottolineato innanzitutto:
“... il profondo legame che la festa del Santo richiama con il passato e con i nostri antenati che seppero trasmettere il testimone della fede alle successive generazioni.
Il lavoro di scavo condotto con meticolosità e passione dall'autore, non per il gusto di trovare documenti per la citazione ghiotta o per fare erudizione fine a se stessa, ma per conoscere e ricostruire la memoria storica sedimentata nelle famiglie e nei gruppi sociali formatisi nel XVIII secolo.
A partire dalle fonti archivistiche della nostra parrocchia il testo di Rosario Cignarella è stato il primo contributo condotto in modo organico e sistematico, correlato con altri documenti storici di particolare rilevanza ed ha fatto emergere una realtà in gran parte inedita.
Il pregio del lavoro di Rosario consiste nell'offrire alla comunità uno spaccato della vita santandreana lontanissima nel tempo e materiale prezioso per chi volesse approfondire e continuare la ricerca sul nostro passato”.
Ha preso poi la parola il Dott. Arcangelo Bellino che, da fine cultore della Storia, ha soprattutto evidenziato che il libro contiene:
“... i riferimenti essenziali della Grande Storia, il retaggio dei poteri feudali, l’assetto sociale dell’antico regime, le condizioni del Regno di Napoli, l’impronta prevalente della civiltà contadina. Il contesto territoriale descritto nelle linee generali è quello delle zone interne montuose, alto e medio collinari e abbraccia l’Arcidiocesi di Conza, antichissima metropolìa, con i secolari problemi ambientali, di isolamento geografico, instabilità sismica, strutturale arretratezza economica. Il riferimento è alle terre feudali del basso prezzo del grano, segnate da sempre da un’economia di sussistenza, normalmente a stento sufficiente a tamponare le necessità di sopravvivenza quotidiana ed alla minima congiuntura, in crisi con i prevedibili risvolti catastrofici...
I dati e le notizie analizzati e messi a confronto con taglio scientifico ma con tutte le doverose riserve sulla relativa precisione peraltro ben sottolineata – si tratta pur sempre di un primo approccio metodologico – possono, nella valenza tipica di tali fonti, costituire “...un osservatorio, un sistema intorno al quale ruotano scenari dalle diversificate prospettive...”. Sotto questo profilo possono considerarsi anche una traccia di riferimento e, pertanto, aggiungere tasselli di Storia Sociale e Religiosa, Antropologia, Demografia, Demologia (solo per citarne alcuni) propizi allo studio multidisciplinare e alla ricostruzione di contesti di portata ben più ampia.
Per un’opinione complessiva su questo lavoro non si può ignorare quanto molti affermano e lo stesso autore in sostanza condivide, cioè che acquisizioni importanti, in diversi luoghi, sono venute anche dall’iniziativa e dalle ricerche di non professionisti o “diversamente professionisti”, per usare un’accezione oggi ricorrente; la loro fatica, al pari di quella personale dell’ing. Cignarella, ha permesso di recuperare tanti frammenti della nostra storia, facilitando in molte occasioni il compito di chi è preposto alla tutela del patrimonio artistico e culturale delle comunità. In quasi tutti i piccoli paesi il percorso della conoscenza presenta numerosi atavici ostacoli, non ultima la difficoltà nel valorizzare e mettere a disposizione del maggior numero di persone tante testimonianze costantemente a rischio “... tra distruzioni, dispersioni, omissioni, sottrazioni… abbandono e... terremoti... ”
Del resto, gli studiosi motivati e credibili che non si limitino a riportare quanto già noto, o peggio, a immaginare scenari inattendibili e ricostruzioni fuorvianti, sono rari.
Se è vero che “la ricerca scientifica è il presupposto essenziale della tutela” anche dei beni storici, la lettura di questo libro aiuta a promuovere l’assunto e a camminare in tale direzione.
È seguita la relazione del Dott. Nino Gallicchio, Responsabile dell'Archivio Diocesano, secondo il quale il libro scritto da Rosario Cignarella, frutto di una lunga ed appassionata ricerca, ci invita a porci delle domande sul senso della storia, su ciò che significa scrivere di storia ancora oggi e sulla imprescindibile necessità della trasmissione della memoria. Potremmo sintetizzare il tutto con l’affermazione che il senso di tutto ciò rappresenta nient’altro che un equipaggiamento di sopravvivenza per le future generazioni. Il risultato a cui è approdato l’autore evidenzia, innanzitutto, passione per la vita e per l’umanità, fiutando un percorso specifico e analitico, attraverso fonti inedite e impegnative quali sono i libri parrocchiali e aprendo la possibilità, ad uomini e donne vissuti oltre tre secoli fa, di potersi raccontare e di raccontare l’ambiente in cui hanno vissuto, proprio come affermava lo storico Lucien Febvre: ”uomini e donne in carne ed ossa, uomini e donne come noi: avendo sempre in mente che i morti che si studiano nei libri di storia sono stati vivi come noi”.
La ricerca di Rosario si inserisce a pieno titolo nella storia demografica di Sant’Andrea di Conza, tenendo ben presenti i cardini storiografici delle fonti canonistiche e giuridico - pastorali formulate a seguito del Concilio di Trento.
Occorre sempre analizzare il passato nelle sue diverse complessità e contraddizioni, svelando i diversi livelli su cui si svolge la vita degli uomini. Seguendo le riflessioni di un maestro come Marc Bloch, penso sia un dovere verso le future generazioni, non pensando però alla trasmissione della memoria con una concezione moralistica elencando fatti o avvenimenti, bensì come studio dell’uomo nel tempo, nella molteplice varietà dei suoi comportamenti politici, economici, sociali e religiosi.
Ha preso poi la parola il Prof. Gerardo Vespucci, Dirigente Scolastico emerito, che si è soffermato sulle condizioni di vita dei nostri antenati e sulle difficoltà di sostentamento che emergono dalla lettura del libro; sulla chiusura di tipo medievale e i conseguenti rapporti di subalternità tra ceti meno poveri ed i veri poveri che, "come scrive Rosario" a proposito dei braccianti di Puglia, "erano trattati peggio degli schiavi: la storia di quegli anni, per dirla in breve, vede padrona la povertà, la miseria, la morte per fame.
Addirittura si potrebbe individuare in quelle condizioni le premesse all’odierna arretratezza e alla subalternità del nostro mezzogiorno, ossia all’inizio della questione meridionale.
È poi intervenuto S. E. l'Arcivescovo Mons. Pasquale Cascio il quale si è soffermato innanzitutto sul valore dei richiami alla normativa per la tenuta dei registri, vigente all'epoca, sui Sinodi che venivano “calati dall’alto” a differenza dell’attualità in cui si cerca piuttosto di costruirli “dal basso”. Ha poi evidenziato come alcuni aspetti dell’evoluzione, che è seguita all’epoca indagata, vengono comunque sollecitati da riflessioni indotte dalla lettura di questo libro. Come pure i sospetti che sorgono nella lettura delle cause di morte riportate dai parroci di quel tempo in particolare sull’assenza pressoché totale di suicidi. Si è anche soffermato sulla spaventosa sequela dei morti “per fame” nei periodi di carestia. Si è poi chiesto come mai le opere di beneficenza sono nate soprattutto al Nord ma ha anche sostenuto che sembrano emergere, da studi tuttora in corso che ancora non hanno chiarito le cause, notevoli esempi di istituti di beneficenza sorti anche al Sud ma con protagoniste di genere femminile.
È seguito il saluto e il ringraziamento dell’autore a tutti coloro che lo hanno sostenuto e a tutti i presenti intervenuti alla presentazione ma soprattutto la lettura dell’appello rivolto dall’Arcivescovo Gaetano Caracciolo ai “conzani” nella premessa al suo Primo Sinodo Diocesano tenuto dal 3 giugno 1686 a Santomenna che è utile riportare:
“... Agnoscite, о Compsani omnes, dignitatem vestram, nolite a veteri gloria in degenerem vilitatem redire: mementote, antiquissimam Urbem Compsam Hirpinorum Metropolim fuisse ...”
Siate consapevoli, o Conzani, della vostra dignità, non fate regredire in viltà degenere la vostra vecchia gloria: ricordate che l’antichissima città di Conza fu metropoli degli Irpini.
Ossia l’esortazione a scuotersi e a rendersi conto della grandezza e della magnificenza delle proprie origini. Probabilmente è ancora attuale e forse urgente per rilanciarsi e rinascere.
In definitiva si può dire che un simile lavoro merita tutta l’attenzione ed è quindi opportuno invitare tutti coloro che hanno un minimo di sensibilità a leggere tale libro, per rendersi conto delle proprie origini e del proprio passato e magari per porre le basi per una rinascita.
Un pubblico attento e partecipe ha fatto da cornice all’interessantissimo evento. È stata, appunto, “La festa di un libro” che, nonostante ogni difficoltà e nonostante l’ostracismo subito da parte di chi ne doveva essere orgoglioso e invece lo ha abbandonato, continua nel percorso di affermazione per donare un po’ più di luce ad un passato che, in gran parte ignorato, comunque ci appartiene.