Da 'il Seminario' n. 1/2021
Nel rendere doveroso tributo alla memoria di Pompeo Russoniello, deceduto in Avellino il 4 maggio scorso, la nostra Redazione ha inteso riportare qui di seguito un estratto della "Lettera quasi privata allo storico locale", scritta dal dirigente scolastico emerito Prof. Gerardo Vespucci all'amico ...
... Pompeo [settembre-ottobre 2012, NdR]. Con la suddetta lettera, pubblicata nel libro "Segni del tempo" del 2020 (Ed. Delta), il Prof. Vespucci offre una serena e sincera testimonianza, in tono confidenziale, del vissuto di Pompeo Russoniello, cultore appassionato di storia locale, attento osservatore delle vicende paesane, meritevole di aver contribuito, con spirito creativo e combattivo, anche alla valorizzazione del patrimonio edilizio storico per un progetto di sviluppo autentico sia culturale che economico di Sant'Andrea. La Redazione ringrazia il Prof. Vespucci per la gentile concessione.
Carissimo Pompeo,
prima ancora che io ti ringrazi “ex animo” per il gradito “omaggio” - come tu, con modestia, lo chiami - lascia che io ti consegni il mio sincero sentimento di sorpresa nel riceverlo e nel leggere il tuo breve ed essenziale messaggio: ti aspetti “un mio riscontro scritto”, ma non credo che, oltre alla possibilità di godermeli, io abbia i titoli giusti per un significativo esame di merito di quanto tu sei riuscito a comporre nei tantissimi anni di prolifica seminagione di pensieri e di studi. Mi sento più capace di dare parole a ricordi, soprattutto quando, questi ultimi, mi sorgono spontanei, come l’acqua della nostra Fonte. E nel caso tuo, lo dico non per compiacerti - non ne sono capace, credimi - molti dei miei pensieri ed azioni non solo non ti vedono estraneo, ma in qualche caso ti hanno avuto addirittura come mentore, seppure inconsapevole. [...] Per l’essenziale, invece, credo che tu abbia contribuito non solo a far crescere - se non proprio a far nascere - una prima forma di storia locale, per Sant’Andrea, degna di questo nome.
Spesso, parlandone con qualche amico e soprattutto con mio fratello, che tu hai visto crescere meglio che me, ci siamo detti che senza le tue curiosità non ci sarebbe mai stato uno studio su Michele Solimene - e dire questo è facile, anzi, proprio pochi giorni fa, al Carcere Borbonico ho pensato a te con emozione per avere visto, nella mostra sui protagonisti irpini del Risorgimento, il richiamo al nostro Michele Solimene - ma nemmeno la mia e le successive generazioni si sarebbero interrogate sulle origini del nostro casale, su Gionata e la sua donazione; sulla storia dell’Episcopio - del cui destino mi diffonderò un poco -; su quella del Seminario e della successione cronologica dei vari Arcivescovi ricostruita attraverso gli stemmi disponibili in sede e non (delle tele del Miglionico mi pare fosti il più attento e strenuo difensore, come, del resto, è annotato sulla Tribuna dell’Irpinia del 12 gennaio 1972); su quella del Convento su cui hai scritto pagine uniche, sostenute da documenti preziosi, perché, da storico consapevole quale sei, sai quanto siano fondamentali le fonti di archivio o documentali, in genere, anche se del suo attuale presente hai inopportunamente taciuto. [...]
Penso che tu abbia rappresentato per tantissimi studiosi dell’Alta Irpinia un pungolo ed un freno, come invita a fare l’Anonimo autore del Sublime, proprio perché hai spinto tanti, anche tra di noi, ad appassionarsi con giudizio e senza faciloneria alla storia dell’Antica Compsa in età non solo romana, ma anche medievale [valga, per tutti, il tuo convinto ed instancabile impegno nell’anno Erbertiano, 1969-70, ad 800 anni dalla consacrazione Episcopale di Sant’Erberto] e moderna, [penso, tra l’altro, all’utilizzo costante che hai saputo fare della Cronista Conzana] esplicitamente dichiarando di volere rintracciare quel filo rosso che nel corso dei secoli ha tenuto assieme Conza, domina gentium, e tutti i comuni dell’area dell’Alto Ofanto, fino alla nostra Sant’Andrea. [...]
E qui già mi verrebbe da dire qualcosa sulla tua visione della disciplina storica: hai raccontato il passato non solo dedicandoti alla ricerca, come recita il significato greco di historia, ma soprattutto “perché le imprese degli uomini col tempo non cadano in oblio, né le gesta grandi e meravigliose... restino senza gloria” come voleva Erodoto, il padre di tutti gli storici.
Pur tuttavia, tu, forse a causa delle umili origini, che ormai - fuori di retorica - possiamo ritenere - a conti fatti - le uniche davvero nobili che il passato ha voluto donarci, spesso hai voluto dare lustro anche a personaggi davvero minori ed hai talvolta indugiato su dettagli ed episodi di secondo piano: qualcuno tra i critici ha potuto persino esagerare con giudizi poco lusinghieri, giungendo a dire che hai lambito il pettegolezzo.
Io ci ho visto semplicemente un tuo approccio originale e sincero, quel modo a te più congeniale per parlare, anche attraverso le minuzie, fino in fondo sia dei protagonisti e degli accadimenti di cui spesso ci è rimasto talmente poco da rasentare il nulla, per cui, mi pare, che tu abbia compreso che anche guardare dalla serratura può servire ad illustrare una stanza - il passato - la cui porta è ermeticamente chiusa. [...]
Tornando a parlare di noi - ed intendo dire di te, di me e di Sant’Andrea degli anni dai settanta in poi, cioè di quello che ancora mi riesce di vedere se solo chiudo gli occhi - penso che tutto il grande dibattito del primo quinquennio del 70 ti abbia visto indiscutibilmente tra i protagonisti e che per chi, come me, si apriva giovanissimo alla comprensione della nostra piccola comunità non poteva ignorare il tuo contributo speciale che si prolungava anche nel decennio precedente, soprattutto con gli interventi sulla Tribuna dell’Irpinia.
Di tanti tuoi articoli su tematiche varie relative a Sant’Andrea, letti grazie a mio fratello e poi da te ristampati, ad esempio, mi rimane inciso nella memoria quel tuo articolo dal significativo titolo Barboni contro Borboni, seppure di qualche anno successivo al periodo di cui intendo dire, poiché fu scritto in occasione della campagna elettorale del 1975, in cui tu, fingendoti osservatore neutrale, indicavi chiaramente da quale parte battesse il tuo cuore. [...]
Insomma, non è ancora giunto per te il tempo di dire con Catullo Fulsere quondam candidi tipi soles: devi ancora trascorrere il tuo tempo a scrivere e sudare sulle carte.
Non stancarti e buon lavoro!
Gerardo Vespucci