Questo articolo è tratto da il Seminario n. 1/2014 dove fu così presentato:
Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Antonio Cignarella
Poeta della musicale classicità(*)
a cura di Paolo Saggese
“Il poeta è pascolianamente attento ai particolari, alle voci del ...
... creato e se ne alimenta, ripudiando la belluinità dei propri simili ed ancora di più la ferocia della violenza e della guerra”. Così Ennio Sinibaldi evoca con efficacia alcuni aspetti della produzione poetica di Antonio Cignarella (Sant’Andrea di Conza, 1928), poeta della diaspora anch’egli, essendo vissuto e tuttora vivendo a San Severo (Foggia) dal 1957.
Autore elegante, raffinato, dai toni classici, che ho potuto conoscere attraverso la segnalazione preziosa di Donato Cassese, Cignarella ha edito, per i tipi delle Edizioni Pentarco di Torino tre raccolte di liriche: Icastiche monodie (1999), Accenti ritmi e sentimenti nuovi (2007) e Armonie di suoni e di parole (2011), tutte prefate da Nicola Michele Campanozzi e dall’editore Enzo Nasillo. Del poeta si sono, inoltre, occupati Luciano Niro (La poesia di Antonio Cignarella, “Il Corriere di San Severo” del 1° maggio 2007), Delia Martignetti (Icastiche monodie di Antonio Cignarella, “Il Corriere di San Severo” del 15 gennaio 2004), e note sono state edite su “Percorsi d’oggi” - Rassegna di Letteratura, arte, attualità diretta dal professore Giuseppe Nasillo, poeta, scrittore e critico d’arte (di Lina Segre sul numero VI, novdic. 1999, di Mariano Serra, sul numero IV, luglio-agosto 2002, di Mario Melchionni, sul numero II, marzo - aprile 2008, di Manlio Saviotti, sul numero VI, nov.-dic 2007, di Ennio Sinibaldi, sul numero speciale dicembre 2008, di Guido Faleano, sul numero III, maggio-giugno 2011, Di Delio Formantici, sul numero III, maggio-giugno 2010, di Rosario Altomonte, sul numero VI, nov.-dic. 2011,di Danilo Torlaschi, sul numero V, settembre 2012).
Già nella Presentazione a Icastiche monodie, Nicola Michele Campanozzi individuava alcuni nuclei tematici che poi ritornano anche nelle raccolte successive ovvero i motivi della vita e della morte, la memoria, gli affetti, l’angoscia del presente, l’ammirazione per la natura e la fugacità del tempo e delle cose.
Altro aspetto comune a questa interessante produzione poetica è il linguaggio limpido, ma al contempo elaborato, “dotato di una sua interna musicalità” (p.8), e un gusto metrico classico, con la frequenza notevole dell’endecasillabo.
La prima raccolta, incentrata anche sul tema dell’amore, è dedicata alla moglie Rosalba.
Significativa è la lirica, che apre la plaquette, di cui riporto i primi versi: “Non sei una mantide, mia dolce sposa, / mite compagna, mia ninfa appetita, / di spirito indomito, d’alma pietosa, / della famiglia lucerna di vita. / Sei rispettata qual donna amorosa, / guida sapiente, modestia infinita, / simile a buona fatina virtuosa / con mano di angelo dall’auree dita” (da A Rosalba).
Nella seconda raccolta, Accenti ritmi e sentimenti nuovi, il quadro si arricchisce di altre tematiche quali la caduta delle illusioni, il mistero della vita e dell’universo, il ricordo del passato lontano. Tra queste poesie notevole è l’omaggio, sincero e non formale, al paese natale, dove particolarmente accentuata è la patina classicheggiante dei toni. Ecco l’incipit: “Mollemente disteso sul declivio / del lembo estremo dei monti irpini, / nella ridente alcova inghirlandata / da macchie di querceti, di cornioli, / tra salti di ginestre, di vigneti, /felicemente domina la valle, /che un dì teatro fu d’impari pugna / tra le forti milizie di Cartago / e le ardite schiere dei Comsani, / che, debellate, ma mai dome, furono / dalla piena dell’acqua vendicate” (da Il mio paese, Sant’Andrea di Conza).
Questa produzione conserva una evidente continuità anche nell’ultima plaquette, Armonie di suoni e di parole, sulla quale, nella nota introduttiva, l’editore Enzo Nasillo scrive opportunamente: “Quando la tensione espressiva promanante dalle sue composizioni riesce ad essere epigrammatica, essa però non è mai ermetica, come in altre ancora si mantiene ossequiente verso la metrica senza sacrificare la musicalità, con un rispetto, se non addirittura un affetto, nei riguardi dell’impianto colloquiale, peculiare di un uomo che non si rassegna ad essere acquiescentemente un anonimo ed indifferente elemento del consorzio umano di cui tutti siamo chiamati a far parte” (p.11).
Significativa, d’altra parte, in tal senso è la poesia Polemica o verità?, in cui Antonio Cignarella fa un’esplicita dichiarazione di poetica: “Seguir la moda pure in poesia / è gusto invero poco edificante. / Diventa in breve pura frenesia / priva d’ogni interesse motivante. / Fare ermetismo senza fantasia, / cercare una parola armonizzante, / sfruttarla in lingua pura così sia, / rende il suono soltanto cattivante” (queste le prime strofe della poesia).
In questa raccolta, tuttavia, il poeta si apre ancora di più alle tematiche universali.
Una delle poesie più belle, non a caso, è dedicata alla “Shoah”: si tratta di un componimento toccante, senza retorica, di grande forza, che ci trasmette un esempio di ispirazione non banale.
Ancora a testimoniare che la nostra non è poesia di secondo piano, è una voce che abbraccia il mondo per comprenderlo e per redimerlo, se questo fosse mai possibile: “Una fiumana d’ombre s’alzava / sul campo funesto di Auschwitz, / di Birkenau, s’involava nei cieli / in sembianze incorporee, cupe, / nell’indifferenza immane, disumana, / degli aguzzini, dei kapò. / Oggi è quel giorno di sessantadue anni fa” (chiusa di Il giorno della “Shoah”).
* Il profilo sarà edito nel 2015 nel Terzo volume della “Storia della Poesia Irpina (dal primo Novecento ad oggi)”, di Paolo Saggese (Delta 3 edizioni, Grottaminarda, Av).
Di seguito la sua poesia dedicata a Sant'Andrea di Conza, tratta da "il Seminario" n. 2/2014
IL MIO PAESE
"SANT’ANDREA DI CONZA"
Mollemente disteso sul declivio
del lembo estremo dei monti irpini,
nella ridente alcova inghirlandata
da macchie di querceti, di cornioli,
tra salti di ginestre, di vigneti,
felicemente domina la valle,
che un dì teatro fu d’impari pugna
tra le forti milizie di Cartago
e le ardite schiere dei Comsani,
che, debellate, ma mai dome furono
dalla piena dell’acqua vendicate.
L’onda impetuosa innumeri travolse
cavalli, cavalieri, salmerie,
rimpianti con grandissime doglianze
dall’invitto, affranto condottiero,
che nel delirio ardente del dolore
si ripeteva: - O fanti miei perduti! -,
talchè O-fanto il fiume si nomò.
E videro i secoli gli scampati figli
alla crudeltà del prode Annibale
eccellere nel tempo in ogni dove
le Muse del Parnaso li chiamava.
Gente schietta, tenace nel lavoro,
gentile, ma temprata nel granito,
sventrano monti, rastrellano boschi,
per dare ancora, alla materia informe,
vita nuova, che non si piega a Crono.
Dal deschetto, al tavolo del sarto,
dalla fucina, al vetusto mulino
è gran fervore d’operosità.
Testimonianza viva ormai raggiunta
con ostinata ricerca artigiana,
che ai suoi figli vuole tramandare
l’amor per l’arte e per la propria casa.
Antonio Cignarella