... si faceva così
Questo articolo fu pubblicato su "il crogiolo" (Numero speciale, agosto 1989). Lo riproponiamo qui, a completamento dell'articolo sui forni, perché non si perda la memoria di un'attività importante, significativa e faticosa svolta dalle donne di una volta.
La vita trascorre lenta nell'inverno paesano. E se di giorno le vie strette danno segno d'un sussulto essendovi, vaga, un'idea di lavoro, la sera, in ogni parte, più nulla ha voce o movimento. Eppure, se ...
... sei lontano e viaggi alla volta di S. Andrea, la lontananza ti fa credere che qualcuno sia sveglio nell'inverosimile, piccolo ritaglio di cielo in terra, fatto di poche stelle incerte che è il paese. Che sia sveglio e compia azioni misteriose. Apparenza. La norma è un silenzio immobile che ti avvolge man mano che raccorci la distanza e ti induce a tacere a tua volta, come se entrassi in una Chiesa. Ma non siano qui per caso, il nostro punto d'osservazione è dal di dentro ed anche quando siamo lontani, la lontananza non ci inganna.
Non prenderemo la corsa di una donna per un evento eccezionale, perfino mondano, indizio di vitalità, mistero.
* * *
"Voglio 'mbasta'." dice la donna. "Va bene." replica il fornaio "Quale so' re femmene?"
Il forno può accogliere più di venti panelle da undici o dodici chili, mentre una donna per la sua famiglia non ne prepara che due, tre per volta. E' necessario, perciò, che un certo numero di donne si metta insieme. Esse dovranno lavorare, ognuna in casa propria con l'aiuto di amiche, sorelle e cugine, simultaneamente.
"Cuncetta, Lucia, Peppenella, Michelina e Rosa".
"Pe quale furn' vuo' 'mbasta'?"
C'è la possibilità di scegliere tra il primo forno, notturno, il secondo, mattutino, il terzo, pomeridiano.
"Lu primo".
La donna è disposta ad alzarsi in piena notte pur di non dare disturbo ai bambini e non averno da loro. Torna a casa, prende il vecchio "crescente" messo da parte, un paio di chili di farina, li mescola e riveste l'impasto ottenuto con una coperta, perché col caldo si gonfi il più possibile. Intorno alle due di notte il fornaio, che sta facendo il giro per le case delle donne che useranno il primo forno, arriva sotto la finestra e grida:
"Ruigliate, cummà, nun t'addorme, nun te fa purtà n'ata vota lu suonno. Mitti l'acqua e 'mbasta. Nun scascia' ca lu furno è chino!"
La donna si alza e riscalda l'acqua sul fuoco. Se non c'è acqua in casa, è costretta a correre, in compagnia del marito per non fare brutti incontri, alla fontana della piazza. Spesso succede che manca pure il sale e allora scappa da una vicina a chiederlo in prestito. Preparato il necessario, fa "la fonte", dispone, cioè, nella "vazzatora" la montagnola della farina, nella quale apre un buco dove fa cadere l'acqua calda e il sale. Finalmente aggiunge "lu crescente". Se vuole il pane più soffice, può mettervi qualche patata cotta e passata a setaccio. Quando "lu crescente" si è sciolto, comincia ad impastare a pugni chiusi, con energia, finché tutto diventa liscio e morbido. I pugni della donna sono ben bagnati, perché affondino meglio. Dopo oltre un'ora di lavoro, la donna esce, le mani sotto "lu vandesino" in modo che non prendano freddo, per sapere a che punto sono arrivate le altre e se è giunto il momento di mettere l'acqua sotto la pasta, che serve a intenerirla. Dopo, torna ad impastare e lo fa per mezz'ora ancora. Adesso ha finito e ammassa la pizza in un angolo della "vazzatora", dopodiché arrotola tra la mani un po' di pasta e ne ricava due bastoncini con i quali, sulla pizza, forma una croce, sperando che con l'aiuto di Dio essa cresca tanto da riempire tutto "lu 'mbastapane". E prima di coprirla con la tovaglia, vi spruzza sopra un po' di farina, per evitare che s'appiccichi. È inverno e occorre aggiungere due o tre coperte e sotto "lu 'mbastapane", negli stipi che di solito contengono piatti e provviste, collocare bacinelle colme di brace. Il pane lievita in due ore. Se tutto è andato bene, l'impasto è ben gonfio, tocca il coperchio e sconfina nel vuoto sottostante. La croce è lievitata anch'essa e adesso, espansa, è irriconoscibile. Può succedere che la donna si trovi, invece, davanti allo spettacolo desolante dell'impasto appena più pieno di come l'ha lasciato, ma deve compiere ugualmente tutte le operazioni successive perché ormai l'impegno è preso. Ma fa tutto a malincuore, chiedendosi continuamente in che abbia sbagliato. Il guaio può dipendere dal fatto che la pizza è stata lasciata dura o che l'acqua usata era un po' fredda. Oppure a compire l'opera è stato il freddo dell'inverno.
Dopo le due ore necessarie alla lievitazione, il fornaio rifà il giro delle case: "Scana!" urla sotto le case ciascuna donna "e avviati a lu furno, ca ije pò torno a passà e mi piglio la tavola". La donna si affretta a "scanare", cioè divide l'impasto in tante parti formando una o due pizze di un paio di chili e poi due o tre panelle da dodici - tredici chili l'una.
A questo punto tutto è pronto, il fornaio ripassa a prendere le tavole sulle quali le panelle sono disposte in fila e coperte con la "banchera", una larga striscia di lana bianca e marrone.
Intanto si è fatto giorno e molti bambini si sono buttati giù dal letto eccitati all'idea di appendersi alle sottane delle mamme per richiedere al fornaio il "cavalluccio" o la "pupa". Il fornaio, intenerito dagli allegri schiamazzi dei bambini, strappa un po' di pizza dalle panelle e scolpisce con maestria il cavalluccio per il maschietto e la pupa per la femminuccia. Talvolta accade che la donna chieda al fornaio di preparare qualche "pizzillo", forma di pane allungato da regalare a un vicino o a vecchiette che non possono impastare. La donna ha portato anche "nu pizzepaniello", una piccola panella di farina gialla e farina bianca con aggiunta di semi di finocchio. Il forno è completo e si procede alla cottura delle pizze, dei cavallucci, delle pupe e dei "pizzipanielli". Nel frattempo il fornaio riscuote il denaro che le donne gli devono. È d'uso che al denaro si aggiunga una certa quantità di pizza, dalla quale il fornaio ricava poi una panella per sé. Ma c'è chi preferisce pagare cedendo solo pasta. Quando le pizze sono cotte, si sfornano e al loro posto subentrano le panelle. Mentre il pane, al forno, cuoce, le donne tornano a casa con le pizze. I bambini hanno un modo sistematico di mangiare la pupa e il cavalluccio. Ogni mossa è studiata. Essi consumano dapprima le gambe e le zampe pian piano, succhiandole fino a ridurle in una poltiglia saporosa o a morsetti distanziati nel tempo. Ma ciò che più colpisce è la loro aria assorta, chiusa, come se mangiare quel pane comportasse la necessità di stare, con la mente, fuori dalla realtà. Dopo qualche ora, il fornaio consegna ad ognuna delle donne la tavola con le panelle. Ma come ha fatto a distinguere le panelle di una donna da quelle di un'altra? Il segreto consiste in un semplicissimo accorgimento. Il fornaio, un attimo prima di infornare le panelle, le ha marchiate usando un bastoncino di pizza modellato in forme diverse. Ogni donna ha il suo marchio, una "esse", una croce, un cerchio, che rende riconoscibili le sue panelle.
M. Antonietta Scolamiero