Tratto da "il Seminario" n. 3 - 2013
Un emigrante santandreano
La traversata atlantica del “Vulcania”, nel luglio del 1953, durò 42 giorni. Per un guasto delle turbine, la nave restò ancorata nel porto di Almerìa diversi giorni, mentre si effettuava la riparazione.
Matteo Russoniello, di 23 anni, proveniente dalla sua ...
... Barletta, dove si era trasferito con i genitori e i fratelli, tutti nativi di S. Andrea di Conza (AV), era uno dei tanti emigranti che la modesta nave portava in Venezuela.
Un grande desiderio di cambiare vita e di progredire, di mettere a frutto il lungo apprendistato di meccanica industriale (il suo tirocinio era iniziato all’età di 12 anni senza percepire alcun salario, come era costume a quel tempo), lo aveva spinto ad emigrare.
Il guasto delle turbine del “Vulcania” fu per Matteo l’occasione per poter guadagnare qualche lira e anche per apprendere un po’ di spagnolo. Di giorno lavorava alla riparazione della nave e di notte scendeva a terra per corteggiare le ragazze del posto. Pertanto, quando sbarcò a La Guaira, invece di cinquemila lire ne aveva diecimila e poté anche concordare il prezzo con l’autista di un taxi per una corsa fino a Valencia. Il suo spagnolo convinse l’autista a chiedere un prezzo giusto: 30 bolivares. Che tempi quelli!
Perché Valencia?
Il colosso della città di Barletta, il cui monumento si erge in Via Vittorio Emanuele, riuscì, con la sua sola presenza, a mettere in fuga i nemici che lo incontrarono in lacrime davanti alle mura della città. Quando questi lo circondarono e gli chiesero perché piangeva, il colosso di quasi tre metri di altezza, rispose singhiozzando che i suoi concittadini lo avevano cacciato perché essendo il più piccolo e macilento degli abitanti della città, non avrebbe potuto aiutarli nella difesa. Per timore di avere a che fare con una razza di giganti i nemici fuggirono. La leggenda sintetizza le caratteristiche dello spirito popolare nel quale l’astuzia arriva a diventare saggezza.
Matteo chiese all’autista che non lo portasse nella capitale, ma in una città più piccola. Pensava che lì gli inizi sarebbero stati meno duri. Non si sbagliava.
A Valencia scese dal taxi nella Piazza Candelaria, con la valigia in una mano e, sotto l’altro braccio, una piccola branda militare e un materassino, eredità della guerra, che la madre previdente aveva insistito che portasse con sé. Il giorno seguente, su segnalazione di alcuni compatrioti residenti nella zona, già veniva assunto come meccanico presso l’officina di Attilio Cagnasso, per preparare la macchina con la quale avrebbe partecipato alla corsa Caracas San Cristobal, e per la manutenzione dei trasporti “Inlaca”, dei quali Cagnasso, unitamente con un cugino, aveva l’esclusiva.
Dopo un anno ebbe l’opportunità di mettersi in proprio. Del suo salario di 1.500,00 Bolivares, consumava solo 300,00 Bs. per vivere mentre il resto lo risparmiava. Arrivò ad accumulare quindicimila bolivares e con quelli comprò un camion, l’ultimo che aveva riparato per Cagnasso, “quasi un regalo per quel prezzo”, e cominciò a trasportare gas, per conto della “Liquigas de Venezuela”, proprietà di Carlo Biambi.
Il servizio di trasporto fu, da quel momento, l’attività alla quale si dedicherà con successo in un paese in cui, a causa delle grandi distanze, la domanda era ed è illimitata. Sulla superficie satinata di un biglietto di auguri per il nuovo anno 1973, inviato agli amici, brilla questa prima unità di trasporto, che è la testimonianza di 20 anni di sacrifici e fatiche. A questo punto, col passare degli anni, si aggiunsero altre unità, fino a formare la grande flotta per il trasporto delle torri di 2.500 tonnellate delle colossali incastellature (taladros) per la perforazione dei pozzi di petrolio del Venezuela nella fascia bituminosa del Morichal, a sud dello Stato Monagas. Il trsporto di gas continuava incrementandosi: comprò allora altri camion per far fronte alle accresciute esigenze. Nello stesso tempo diventò distributore di combustibile negli Stati Aragua e Guàrico per conto della “Phillips Petroleum Co.”, con un credito di 50.000,00 Bs. Quando tale Compagnia ottenne la concessione per la perforazione della fascia bituminosa, la stessa gli concesse l’esclusiva per il trasporto del combustibile da iniettare per l’estrazione del prodotto. Più di sei milioni di litri al mese!
Fu un servizio di tale grandezza che si rese necessaria una vera flotta di mezzi. Gli anni trascorsero in fretta. Man mano che il lavoro cresceva e che si presentavano nuove aree di impegno, la sua esperienza si veniva, del pari, incrementando. Per poter attendere ai lavori di Porto Cabello (E.do Carabobo), Morichal, San Fernando dovette acquistare un aereo bimotore e imparare a pilotarlo. Successivamente questa necessità si convertì in hobby. Conserva ancora il suo brevetto di pilota e l’attrezzatura, con il quale è andato ripetute volte negli Stati Uniti d’America; possiede un’esperienza di oltre 1.500 ore di volo, delle quali più di mille sono state internazionali: con giusto orgoglio di pilota consumato, le tiene annotate nel suo libretto. Ha partecipato a “rallies” aerei e a competizioni di simulazione di tentativi di salvataggio, conquistando varie coppe con il suo “Cessna 310-R” con targa YV 8819.
Prevedendo che alla scadenza nel 1978 l’esclusiva della “Phillips” non sarebbe stata rinnovata, Matteo Russoniello iniziò una nuova attività e creò “Transcarretera”: un lavoro duro, fuori dal comune, nel quale l’intelligenza, la capacità di organizzazione e il totale dominio dei mezzi meccanici devono stare in stretta relazione.
Adattò la sua flotta di trasporto allo spostamento dei “taladros” per la perforazione dei pozzi petroliferi. Il 28 marzo 1978, con la collaborazione della Compagnia “Santa Fe Drilling”, la prima impresa venne portata a compimento: trasportò e montò, per incarico della “Corpoven”, il taladro più grande usato fino ad allora in Venezuela, superiore alle mille tonnellate di peso. L’avvenimento fu talmente eccezionale che perfino la stampa ne parlò. Le prospettive di lavoro nella fascia bituminosa dell’Orinoco prevedevano la ricerca di nuovi giacimenti e la relativa perforazione. Le Compagnie “Meneven”, “Corpoven” e “Lagoven” stavano spostando in Venezuela molte altre torri da installare e trasportare per percorsi difficili e impervi. “Transcarretera”, con il suo Presidente Matteo Russoniello in testa, costituì per dette Compagnie una garanzia di sicurezza nel servizio di trasporto che le era indispensabile.
Matteo Russoniello operò, in quel periodo, ad Anaco, che era un centro strategico per le attività di “Transcarretera”. In quella città, unitamente al compatriota Ernesto Cantore, diventò anche socio azionista di varie industrie che entrambi avevano fondato: “Maprinca”, “Itrama”, “Anacomatic”.
Nel 1986, senza abbandonare le attività intraprese ad Anaco, che stavano subendo un sensibile ridimensionamento, diede nuovo impulso alla primitiva attività del trasporto di greggio, ma questa volta nella zona occidentale del Venezuela ossia da Guasdualito (E.do Apure) a Barinas (E.do Barinas). Si trasferì allora a Barquisimeto con tutta la famiglia per seguire più da vicino la nuova impresa. Si trattava di quantità veramente notevoli, che raggiunsero i 20.000 barili al giorno, cioè all’incirca 3.200.000 litri e che richiesero una flotta di una ottantina di camion da 50.000 litri ciascuno. Qualcuno, in quel periodo, lo definì l’Onassis della strada.
Man mano che quest’ultima attività andava riducendosi, ebbe a trasportare anche silice dallo stato Trujillo (zona di Monay) allo stato Lara.
Ma quella che forse è stata l’occasione più importante gli si presentò nel 1993, quando ebbe l’opportunità di acquistare il “Centrale” di Guanare (E.do Portuguesa): uno stabilimento per la lavorazione della canna da zucchero e la produzione del “mosto” che veniva poi trasportato al “Centrale” di El Palmar, nello Stato Aragua, per la trasformazione e la raffinazione dello zucchero.
Poiché il guadagno maggiore si realizzava proprio in quest’ultima trasformazione, pensò bene di attrezzare il centrale di Guanare, che in pratica era utilizzato solo per macinare la canna, in una completa raffineria nella quale si otteneva come prodotto finale lo zucchero.
Nel frattempo acquistò diverse estensioni di terreni, che potevano tornare utili alla produzione della canna, in modo da realizzare il ciclo completo della produzione. Una tenuta acquistata nei pressi di Acarigua si estendeva per circa 6 Km di larghezza e 15 Km di lunghezza e veniva attraversata da due fiumi. Viveva tuttavia, insieme ai suoi, una vita dura e non scevra di pericoli.
Numerosi i diplomi e i riconoscimenti al merito che diverse autorità venezuelane gli hanno attribuito in quegli anni. Per elencarne solo qualcuno:
Data | Autorità | Riconoscimento |
17.07.1997 | Ministero del Lavoro | Ordine al merito nel lavoro (1^ classe) |
20.11.2003 | Consiglio Municipale di Papelòn | Ordine “Carmen Vidalina Liscano (1^ classe) |
31.05.2006 | Università Nazionale Sperimentale “Ezequiel Zamora” | Riconoscimento in onore della prof.ssa Gisela Contreras |
26.07.2007 | Consiglio Legislativo E.do Portuguesa | Ordine “Generale Josè Antonio Paes” (3^ classe) |
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Le cose si complicarono con l'ascesa al potere di Chavez che, illudendo tutti, fece credere di voler migliorare la vita nell'intero Venezuela.
Nel 2008 il nuovo dittatore mostrò la sua vera faccia e cominciò ad espropriare aziende e terreni che per la loro floridezza gli facevano gola ma, così facendo, a ridurne drasticamente il rendimento.
Matteo ne fu quasi completamente colpito ed ormai lo zuccherificio e gran parte dei terreni acquistati gli sono stati espropriati. Ancora oggi è in attesa di una valutazione che possa compensarlo almeno in parte.
Una vita intensa, piena di duro lavoro, di soddisfazioni, ma anche di delusioni e grandi ingiustizie. Il successo più grande, tuttavia, rimane per lui la sua bella famiglia, creata con la moglie Vincenza Cignarella, costituita dai tre figli, Vinicio, Alessandro, Josè e dei cinque bellissimi nipoti, tutti nati in Venezuela.
La Redazione