... Conza
L’opera di S. Lucia davanti all’Episcopio di Sant’Andrea di Conza(1)
È davvero incredibile ciò che dovette accadere il 10 agosto del 1777 a Sant’Andrea di Conza nel corso della rappresentazione teatrale che si tenne nell’attuale Largo Castello, davanti all’Episcopio.
Secondo D. Gaspare Velarde Althan, governatore(2) di Sant’Andrea di Conza e di Santomenna, che il 22 agosto seguente ...
... inviò le sue lagnanze addirittura alla Maestà del Re, nel corso dei preparativi di quella rappresentazione egli era stato più volte offeso e umiliato nella sua veste di governatore.
Lo si apprende dalla relazione sui fatti avvenuti che il “fiscale di Montefusco”(3) Giuseppe Macrone inviò al Re, Ferdinando IV, il 25 novembre dello stesso anno.
L’esposizione degli avvenimenti non è molto chiara anche perché nella relazione viene usata la prosa tipica del tempo, ma, leggendo con un po’ di attenzione anche le successive repliche all’esposto inviato al Re, si riescono a ricostruire i fatti e a valutare come assolutamente pretestuose le rimostranze del governatore.
Ciò che però bisogna sottolineare preliminarmente è la notizia del fatto che oltre due secoli fa si svolgessero nel piccolo borgo di Sant’Andrea di Conza rappresentazioni teatrali di una certa importanza.
In effetti non ci si dovrebbe meravigliare se si pensa alla presenza in loco di un Arcivescovo ma soprattutto all’esistenza di un Seminario, che ospitava numerosi giovani seminaristi e tanti professori di gran valore.
Diciamo, intanto, che l’arcivescovo dell’epoca era Mons. Ignazio Andrea Sambiase (1777 – 1799) e questi, secondo quanto riportato nella suddetta relazione, era: “un prelato zelante, affabile, manieroso, amante de’ poveri ed affezionato con tutti e niente dominato dallo spirito di interesse, avendo dato ripruove della sua somma bontà nel suo primo ingresso a quell’arcivescovado, quando appena essendo stato informato di un litigio che da due secoli vertiva tra la mensa arcivescovile e la comunità di S. Menna si spiegò che voleva terminarlo coll’accomodo ed infatti lo eseguì con vantaggio di detta comunità, avendo alla medesima accordato quanto pretendeva.”
La rappresentazione
La “commedia sacra”, come veniva sostenuto nel documento citato, era stata messa in scena perché “l’arcivescovo da assoluto padrone avea voluto eseguire la sua volontà con far piantare un teatro in essa terra di S. Andrea, a spese di quel pubblico(4) in una pubblica strada, dirimpetto al suo palazzo arcivescovile ed in faccia alla chiesa di S. Michele” nonostante il governatore avesse ricordato che il Re emanando il “dispaccio de 7 dicembre 1771, col quale furono proibite simili rappresentanze” fosse da ritenere contrario a tali spettacoli.
Il governatore, tra l’altro, accusava l’arcivescovo di avergli “… fatto fomentare quel popolo, ivi radunato, a tumultuarsi contro di lui; facendo in ciò da capo il sacerdote D. Lionardo Miele, uomo facinoroso, superbo, vendicativo e di pessimi costumi, ...
… omissis …
Emerge dalla vicenda che per un nonnulla si accendevano liti e contese che impegnavano tempo ed energie per dirimere questioni futili e inconsistenti quasi che non si dovessero affrontare problemi ed emergenze ben più gravi.
Ma, in definitiva, da questa complicatissima e incredibile storia, viene confermato che la tradizione delle rappresentazioni teatrali a Sant’Andrea effettivamente viene da lontano ed è certamente legata alla presenza del Seminario che ospitava numerosi giovani seminaristi e tanti professori di gran valore. Con questi documenti se ne ha una prova concreta e documentata e si può fare a meno di proporre talune ipotesi fantasiose che vorrebbero presente a Sant’Andrea di Conza la mano di amici o conoscenti di qualche arcivescovo che, provenendo da Napoli, hanno trasmesso la propensione al teatro nel nostro piccolo centro.
L’attitudine all’arte e allo spettacolo dei santandreani è stata poi sempre coltivata nel tempo e si possono ritrovare qua e là cenni e testimonianze di rappresentazioni teatrali abbastanza significative.
Altre esperienze
Un importante esempio viene citato da Luigi Limongelli nel suo "Pulcinella di Paese" quando riporta la novella che dà il titolo allo stesso libro, in cui si parla della rappresentazione di « Pulcinella marito senza mugliera, zio senza nepote » di G. Marulli ed altri “tre lavori di gran classe”, organizzati, presumibilmente verso la fine dell’Ottocento, da Leonardo Limongelli nella sala della Società Operaia insieme ad altri importanti personaggi di Sant’Andrea.
Ancora, si può ricordare quanto riportato nel libro Danubio di Michele M. Iannicelli e raccontato dal protagonista Silvio Sessa circa la rappresentazione de “Il Conte di Montecristo” organizzata, nel teatro del Seminario, da Matteo Cardone che aveva coadiuvato Leonardo Limongelli nella organizzazione dell’opera citata precedentemente.
Così come occorre menzionare un altro lavoro, rappresentato, verso la fine degli anni ‘50 nella “taverna” di Rocco Scolamiero, intitolato “Il mistero della camera blindata” al quale parteciparono quantomeno Nicola Pugliese, Donato Mauriello (Marchetta), Ambrogio Lanza, ecc.
Ma anche un’altra rappresentazione ebbe un notevole successo e si trattò di “Natale in casa Cupiello” organizzata da Mario Arturi con Maria Cappetta, Peppino Pugliese, Ciccillo Scolamiero, Antonio Vallario (Totonno), Maria Cignarella, ecc. e rappresentata nell'ex Scuola Elementare a metà degli anni ‘60.
Con l’acquisizione negli anni ’70 dell’Episcopio da parte dell’amministrazione comunale, la successiva costruzione del Teatro all’aperto e l’inaugurazione della Rassegna Teatrale, con il prezioso e indispensabile sostegno di Bruno Cirino, oltre alle rappresentazioni delle migliori compagnie di livello nazionale che si sono susseguite nel tempo, si è anche sviluppata una serie di iniziative che hanno portato alla creazione di rinomate compagnie teatrali locali.
Innanzitutto quelle proposte dalla Compagnia “Teatrofonte”: A mamma 'e Gennarine, Nerone, ecc., organizzate da Michele M. Iannicelli, Arcangelo Bellino, Marco Martini, ecc. negli anni ‘80. La produzione (testi, scene, musiche, costumi, ecc.) furono curate interamente dalla stessa compagnia che riscosse un notevole successo.
Poi ci fu l’impegno del professor Mario Martino, ideatore e anima della Compagnia “Teatro Novo” che – dal 2009 – unisce giovani e meno giovani del paese per sperimentare, divertire, commuovere. In verità, il prof. Martino è stato sempre attivo nel settore del teatro: nel 1971 organizzò al Seminario la messa in scena de "La maestrina" con Carla Ceneviva e Domenico Cicenia come protagonisti ovvero il "Natale in casa Cupiello" nel 1977, organizzato dal Circolo culturale di cui era Presidente il compianto Don Mario Malanga, con Giannino Scioscia, Grazia Perriello e Salvatore Perriello nelle vesti di Lucariello, ecc.
Come dimenticare poi le recite varie (Matrimonio per procura, 1986); Fuori dal tunnel ..., 1992-93, ecc.) organizzate dai docenti, con a capo la prof.ssa Gerardina Zampella, e messe in scena dagli alunni della Scuola Media.
Inoltre è bene ricordare le numerosissime recite organizzate dalle Suore degli Angeli presso l'Asilo infantile, quelle della Scuola Elementare nonché quelle della Scuola Materna e, più recentemente, dell'Asilo Nido.
Insomma una storia lunga e interessantissima quella del Teatro a Sant’Andrea di Conza che merita un’attenzione particolare e che dovrebbe far riflettere seriamente sulle capacità dei santandreani e sulle potenzialità che essi potrebbero estrinsecare se opportunamente sostenuti e guidati.
Rosario Cignarella
Note
1 - Una rappresentazione teatrale che si tenne a Sant’Andrea di Conza nell’agosto del 1777. Si ringrazia il prof. Antonio Vespucci che ha recuperato i documenti e li ha resi disponibili per ricostruire questa storia. Essi consistono nella relazione che il “fiscale di Montefusco” Giuseppe Macrone inviò al Re; nel dispaccio al Cappellano Maggiore Matteo Gennaro Testa (v. infra) che accompagnava la citata relazione; nella risposta dello stesso Cappellano e nel dispaccio all’avvocato fiscale di Montefusco con le decisioni risultanti.
2 - I regi governatori potevano ritenersi “… infimi magistrati in quanto al grado, ma forniti di estesi poteri in quei luoghi …” (L. Bianchini, Della storia delle finanze del regno di Napoli, Napoli, 1835) e ancora peggio potevano essere considerati quelli baronali, quale, presumibilmente, era questo. Le funzioni e l’autorità di tale figura nei due feudi, ancora ricadenti sotto giurisdizione feudale, sono difficilmente definibili a causa dell’intricato e complesso groviglio delle leggi che dovevano consentire l’amministrazione della giustizia ossia del “vero potere” nel Regno. Il potere giudiziario si distingueva tra “civile”, “criminale” e “misto” (ossia quello che riguardava controversie civili ma che comportavano anche fatti di sangue). Sant’Andrea e Santomenna erano feudi dell’Arcivescovo, barone, che curava la giustizia civile mentre quella criminale era esercitata dal feudatario (in quel periodo Francesco Maria Mirelli 3°, principe di Teora) ma con un elevatissimo livello di conflittualità giurisdizionale sull’esercizio del potere giuridico “misto”, che si trascinava praticamente da sempre.
3 - Magistrato inquirente, assimilabile all’odierno pubblico ministero, della Regia Udienza di Montefusco che costituiva l'organo provinciale di maggior rilievo a cui erano assegnati i compiti dell'amministrazione della giustizia e del mantenimento dell'ordine pubblico.
4 - Cioè a spese della comunità santandreana.