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Società Operaia di ...

... Sant'Andrea di Conza

Rinnovo cariche sociali alla Società Operaia di Mutuo Soccorso e ...

... un discorso ai soci di Don Attilio Mauriello del 1944

L'8 dicembre scorso si sono svolte le elezioni per il rinnovo delle cariche della Società e i risultati sono più avanti elencati.

Crediamo appropriato, però, riportare nel seguito anche l'orazione che, il 9 gennaio 1944, il parroco dell'epoca Mons. Attilio Mauriello tenne all'Assemblea dei soci in ...

... occasione della rifondazione dello stesso Ente, dopo la tragedia della II guerra mondiale.

Sebbene permeato di una retorica e di un enfasi non più tanto attuali, suscita comunque riflessioni profonde e ispirazioni concrete per sostenere e rivitalizzare la nobile istituzione e pertanto crediamo meriti un'attenta lettura e qualche considerazione.

I voti delle recenti elezioni

  • Schede valide 46
  • Schede nulle -
  • Schede bianche -

Riportano voti per la carica di Presidente i seguenti soci:

  1. Russoniello Francesco 39
  2. Di Guglielmo Giovanni 7

Riportano voti per la carica di cassiere:

  1. Matteo Gerardo 31
  2. Scolamiero Antonio 3

Riportano voti per la carica di consiglieri:

  1. Bozza Maria 29

Il discorso di Don Attilio Mauriello

Alla Società Operaia di Mutuo Soccorso
S. Andrea di Conza

9 – 1 – 1944

Il Divin Sacrificio, o Signori, che avete voluto venisse offerto ora al Sommo Iddio in suffragio di tutti i defunti soci della Società Operaia di Mutuo Soccorso è un’opera eminentemente di pietà e di carità cristiana e l’avete voluto perché consci e consapevoli dello scopo di questa vostra e nostra società, la quale fondata essenzialmente nella carità, si sviluppa e si manifesta in atti di carità. Voi, prima di ricostituirvi e di riprendere novellamente vita in tale benemerita Società, avete voluto esercitare la carità nel più alto grado ed in un clima soprannaturale a vantaggio delle anime di tutti coloro che vi precedettero come membri di tale pio Ente.

Avete voluto che i tesori di grazia e di benedizione del Redentore Divino, promananti dal Sacrificio innocente dell’Altare, siano applicati e abbiano l’effetto consolante di far aleggiare sulle loro anime il perdono di Dio, quel perdono che le solleva dal dolore e le sublima nelle regioni eterne del gaudio.

L’ardente fiamma di carità che vi ha spinto a tale sublime atto deve essere, o Signori, la caratteristica predominante di voi tutti uniti in questa vostra e nostra Società. Perciò a voi tutti, in questo momento, non saprei meglio applicare se non le parole che rivolse il Principe degli Apostoli, S. Pietro, ai primi fedeli: “Animati tutti dallo stesso spirito, egli diceva, compatitevi a vicenda, amatevi come fratelli, affinché possiate attirare su di voi e sulle vostre famiglie la benedizione del Signore”.

E non dovrebbe essere diversamente. Stretti tutti dalle stesse idee, dagli stessi sentimenti, legati tutti come anelli di una sola catena, in voi, o Signori, deve battere lo stesso cuore.

E perché, o miei cari? Per aiutarvi vicendevolmente nelle vostre sofferenze, nei vostri bisogni. E con quali mezzi? Con la carità fraterna. A qual fine? Per ottenere e trasmettere alle vostre famiglie le benedizioni della terra e del cielo.

L’opera che vi riunisce, adunque, è degna di ogni lode, essendo opera eminentemente cristiana, sociale e fraterna!

Cristiana poiché in essa si effettua il più grande e principale precetto della religione, cioè l’unione degli animi, l’amore fraterno.

Sociale, giacché abbraccia nella sua sollecitudine gli interessi di tutti i suoi soci, disponendoli e combinandoli per il maggior bene di tutti.

Fraterna, provvedendo alle necessità di tutti i suoi membri, necessità di anima e di corpo, necessità presenti e future.

Se è vero, o Signori, secondo il noto adagio, che il valore dell’opera dimostra il valore dell’artefice, invertendo i termini ed applicandolo a voi, è anche vero che il valore dell’artefice dimostra la bontà dell’opera.

Sì, o Signori, l’opera vostra non sarà quella che dovrà essere cioè cristiana, sociale, fraterna, se voi in corrispondenza non sarete anche ciò che dovrete essere riguardo a Dio, riguardo alla società, riguardo alle vostre famiglie.

Per ben comprendere ciò che l’operaio deve a Dio e alla religione, basta ricordarsi ciò che Dio ha fatto per l’operaio, vedere ciò che questi era una volta e ciò che egli è oggi. Tra il ricco e il povero vi è una classe intermedia, che può chiamarsi il cuore del genere umano, vi è una immensa moltitudine che vive dell’attività della sua intelligenza e della forza delle sue braccia.

Questi uomini portano un nome onorato cioè operaio, e sono gli operai del braccio e del pensiero.

Ma da quale tempo il nome di operaio viene realmente onorato e rispettato? Da quando, o Signori, la religione di Gesù Cristo li strappò dallo stato di avvilimento e di abiezione in cui erano tenuti dalla società pagana.

Per lunghi secoli in Europa, nell’Asia, nelle città più civili, come in Roma e in Atene, l’uomo che lavorava con le sue mani per vivere, cioè l’operaio, era l’oggetto del pubblico disprezzo. L’operaio allora era assimilato allo schiavo. Lo stesso Platone, che passava per oracolo della sapienza pagana, domandato una volta se l’operaio dovesse contarsi fra i cittadini, rispose negativamente, affermando che una buona costituzione non lo permetterebbe giammai.

Cicerone, l’autore per eccellenza del paganesimo, diceva che giammai l’operaio poteva elevarsi alla conoscenza della vera sapienza, perché egli non è suscettibile di virtù.

Così, o Signori, la pensava la società pagana; così la pensavano i filosofi pagani prima di Cristo. Ma, o miei cari, venne il Cristo, il Redentore del mondo e rovesciò ogni cosa, cambiò tutto nel mondo.

Gesù Cristo, il Figlio di Dio, facendosi uomo, volendo egli stesso farsi operaio, porgendo all’operaio la sua onnipotente generosa e benefica mano, lo sollevò in alto, esclamando “Sorgi, sorgi dal luogo della tua abiezione, io ti collocherò sul trono della tua grandezza”. E così, o miei cari, da quando Egli guadagnandosi il pane col sudore della sua fronte, Egli ha sollevato, nobilitato il lavoro manuale, reso all’operaio il posto che gli spetta in società, cioè un posto nobile, rispettato e rispettabile. È stato dunque Gesù Cristo che ha nobilitato, sostenuto, protetto l’operaio.

Lui quindi dovete riconoscenza, amore e fedeltà.

Orbene, come compirete voi i vostri doveri verso di Lui? Come manifestate nella pratica tutta la vostra riconoscenza al Supremo Benefattore?

Gesù stesso ce lo insegna: “Quegli che si dice mio amico, egli dice, adempie i miei comandamenti!

Se Gesù Cristo fa consistere l’amicizia con Lui nell’osservanza dei suoi comandamenti, che cosa bisognerà dire dell’operaio, il quale è legato a Lui da un titolo di riconoscenza? Dovrà per maggior ragione osservare i precetti divini e potrete stare sicuri che la vostra società sarà come la casa del sapiente che l’ha fabbricata su di ferme fondamenta. L’operaio deve essere riconoscente alla società, in ricambio dei beni che riceve.

E qui, o Signori, non intendo parlare solamente della vostra società di mutuo soccorso, ma anche della società in generale, composta di tutti gli uomini coi quali avete rapporti; in modo che io dico che ogni uomo è nato per la società, e quindi è chiamato a concorrere, nella misura delle proprie forze e dei propri talenti, al bene comune dei suoi fratelli.

È noto il motto: “Tutti per uno e uno per tutti”.

Si fa il bene e se ne riceve altrettanto dalla società.

Tutti gli uomini ciascuno nella propria posizione, concorrono e si dedicano al benessere comune.

E talvolta gli uomini che lavorano con intelligenza fanno una vita più penosa di quelli che lavorano con le braccia; il loro sonno è meno dolce di quello dell’operaio. Né dovete lagnarvi, dicendo che vi è toccata una parte pesante nella società; ricordatevi bene che tutti i figli di Adamo debbono subire l’effetto della maledizione lanciata contro di lui e dei suoi posteri: “Tu mangerai il pane col sudore della tua fronte”. Ricordiamoci che tutti gli uomini debbono lavorare, e se vi sono delle eccezioni, esse non sono delle eccezioni, esse non sono inviolabili, né onorevoli.

Stimatevi piuttosto come una classe eletta della società umana, compiacetevi di essere chiamati a concorrere al benessere comune assai meglio degli altri. Senza infatti l’esercizio delle vostre arti, dei vostri mestieri e delle vostre professioni, ci mancherebbero gli elementi indispensabili della vita.

È sotto quest’ordine di idee, che voi, o miei cari operai, dovete rialzare le vostre fronti abbattute, sollevare le vostre stanche braccia, riprendere coraggio ed essere sempre più laboriosi.

Voi dovete, infine, alle vostre famiglie il lavoro delle vostre braccia e l’affetto del vostro cuore!

In questa grande società umana vi è una piccola società che si chiama famiglia, la quale vi deve stare a cuore in modo particolare, essendo voi l’unico suo appoggio, la sua stessa vita. Il lavoro delle vostre mani provvederà il pane della sua sussistenza. Le vostre mani sono il tesoro nascosto delle vostre famiglie, che oltre ad alimentare e provvedere al benessere della vita materiale comporta la vita con la speranza di un migliore avvenire. Ma ciò non avverrà senza un lavoro assiduo e intelligente. Bisogna lavorare sempre e onestamente.

È allora che la gioia brillerà nel vostro focolare domestico. Se invece vi asterrete dal lavoro, oppure sciuperete il prodotto di esso al giuoco e al vizio, allora sì che sparirà la gioia dal vostro focolare, perché quando dolorosamente manca il pane, manca insieme l’affetto e il sorriso nella famiglia.

Voi dunque mantenetevi sempre fedeli ai vostri doveri, sempre, come torre ferma che non crolla giammai la cima per soffiar dei venti funesti che spirano dall’empietà, dalla malvagità, dalla gelosia, dall’odio, dall’ipocrisia, che ammorbano la società moderna e mirano diabolicamente ad infrangere la tranquillità e la pace.

Per restare fedeli all’osservanza dei vostri doveri, vivificate questi allo sguardo di Dio, della società e della famiglia.

A vantaggio della vostra famiglia dedicate il vostro lavoro, essendo per essa questione di vita e di morte, la garanzia del presente, la speranza sull’avvenire.

Alla società e a tutti i suoi membri prestate lietamente la vostra opera, affinché vi facciate degni dei suoi benefici.

Infine siate fedeli a Dio, che vi ha protetto per il passato e vi assicura la benedizione del presente e dell’avvenire.

Siategli sempre riconoscenti.

Se voi sarete buoni cristiani, sarete pure certamente buoni padri di famiglia e buoni cittadini, e per conseguenza sarete la classe più onorata sulla terra e gli eletti di Dio nel cielo.

(Don Attilio Mauriello)
9 – 1 – 1944
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