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La Chiesa della Congrega e ...

... la Statua dell’Immacolata Concezione

Un articolo da leggere e conservare, tratto da 'il Seminario' n. 2/2023

Frammenti di Storia Sociale e Religiosa tratti dal volume inedito Antiche Confraternite a S.Andrea di Conza - Storia, Socialità e Religione – secc. XVI-XX (tit. provvisorio) della Collana: “S. Andrea di Conza – Strutture materiali e socio culturali tra origini e continuità”

(Il saggio approfondisce tra i tanti, anche gli argomenti oggetto di queste sintetiche notizie).

ARCANGELO BELLINO


I PARTE

La Chiesa della Congrega

Oggi che la forza della consuetudine sembra aver reso non indispensabile la conoscenza delle ...

... ragioni che spinsero la nostra comunità al voto ed al patto con i Santi Protettori, forse non riusciremo a sottolineare abbastanza il giusto valore della storica simbiosi tra l’Apostolo Andrea e l’Immacolata (ai quali nel tempo si aggiungeranno S. Emidio, S. Gerardo e S. Lucia), anche se, pur sempre e per sempre, il vero significato resterà impresso nell’evento delle feste patronali.

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La devozione per la Concezione della Beata Vergine Maria, com’era correntemente denominata, anche in Diocesi di Conza è molto antica. Già popolare nel '500, si era progressivamente sviluppata un po’ in tutti i paesi. Anche a S. Andrea si era particolarmente radicata, e nel XVIII secolo aveva acquisito praticamente il profilo di devozione civica complessiva. A questa affermazione aveva concorso una sinergia di circostanze storico antropologiche molto significative in una con la promozione della dottrina da parte dei religiosi e degli Arcivescovi stabilmente presenti, il favore e l’osservanza della liturgia, la valenza istituzionale delle strutture ecclesiastiche, il Seminario con la Procattedrale di S. Michele, il Convento dei Francescani, la Parrocchia e le varie chiese; determinante e mai secondario, infine, il ruolo persuasivo e coinvolgente dei simboli del culto. E proprio al culto dell’Immacolata risultavano votati, nel tempo, l’importante e ben dotato Altare di patronato dell’Università nella parrocchiale, la chiesa autonoma della Congrega a sua volta con l’Altare, la Confraternita e la bellissima statua. Senza contare che anche nella chiesa del Convento vi era un antico altare-cappella dell’Immacolata con un’altra splendida statua autorizzata a privati fin dal 1722(1).

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Cerchiamo di ricostruire l'iter dell'istituzione – Chiesa e Confraternita – dell’Immacolata Concezione agli inizi del 1700, attenendoci alle fonti, e ricapitolando alcune notizie sulle vicende riportate nel nostro precedente lavoro. Nel periodo delle origini, intorno all'edificio sacro dedicato a S. Andrea Apostolo, si era organizzato il primo nucleo abitativo, poi dal Conte Jonata di Conza donato in feudo alla Mensa Arcivescovile (1161), con il territorio, gli abitanti e le pertinenze circostanti. Fulcro della storica Cittadella, secondo la tradizione, era stato primitiva Chiesa Matrice, ma con l’espansione del centro urbano e dopo la costruzione della nuova Chiesa Parrocchiale, aveva conservato la semplice antica denominazione di Venerabile Chiesa di S. Andrea Apostolo.

Con il trascorrere del tempo, per la precarietà della struttura, si erano resi necessari interventi di manutenzione o di vera e propria ricostruzione da parte della Università e delle amministrazioni.

Ad esempio, appariva con il tetto fatiscente nella Visita Pastorale dell’arcivescovo Marco Antonio Pescara del 1576, forse per i danni causati dai terremoti, ed importanti lavori erano stati sollecitati nel corso della sua Visita successiva del 1580, in seguito ai quali, nel 1582, lo stesso presule aveva riconosciuto il giuspatronato pubblico dell’antica chiesa, “... fundata edificata e dotata… da essa Università e Cittadini…(2). Si deve invece a Mons. Scipione Gesualdo nel 1588 e a Mons. Curzio Coccio nel 1615 la riconferma ufficiale del civico patrocinio. Circa un secolo dopo, il violentissimo terremoto del settembre 1694 aveva seminato distruzione nel centro abitato senza risparmiare le chiese rimaste a lungo danneggiate prima dell'ennesima riedificazione. Con la ripresa della vita civile ed economica gravemente sconvolta dall’evento catastrofico, l'edificio rimesso in sesto con opportune modifiche, al prezzo di imponenti sacrifici e grazie anche al contributo privato di cittadini benefattori, era divenuto il punto di coagulo e di ritrovo, “… un pio Oratorio ò concreatione di fratelli laici…”, che vedevano nell'iniziativa una prospettiva di riscatto per tutto il popolo.

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Nel 1726 la chiesa era pronta, perfettamente ricostruita e resa più bella di prima. Una nuova rendita di 5 ducati annui, in sostituzione della precedente, di cui si era persa traccia nel corso del tempo, era stata ad essa incardinata in perpetuum, e solennemente ratificata nel corso della pubblica assemblea da parte dell’Università. La legittima richiesta dell'arcivescovo del tempo, Francesco Nicolaj, che altrimenti non avrebbe potuto procedere a riconsacrare l’edificio e riabilitarlo al culto, e le fervide aspettative dei fedeli erano soddisfatte. La somma stabilita, frutto di questue, donazioni ed altro, sarebbe stata versata, dalle casse comunali ai dirigenti pro tempore del sodalizio, con rate a scadenza trimestrale a partire dal mese di agosto del suddetto 1726(3).

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Il sacro attaccamento istituzionale della cittadinanza, ancora oggi testimoniato dalla denominazione di Via Congrega attribuita alla strada ed al contesto urbano corrispondenti, si era tradotto negli anni in uno speciale concorso di arte e di fede perfettamente visibile nelle strutture del culto. La piccola chiesa, ufficialmente divenuta Oratorio sub invocatione Immaculatae Conceptionis, a navata unica ricalcava l’impianto originario. Capolavoro di misura e di decoro, essenziale, imponente e familiare ad un tempo, illustrava la perizia dei maestri muratori e scalpellini, con grandi pietre angolari, solide strutture murarie, portale, altare e arredi vari. All’interno un campionario di alta ebanisteria, il coro ligneo scolpito ed intagliato, i banchi corali (con la cattedra del priore in evidenza) disposti in giro lungo i muri perimetrali esaltavano le direttrici dell’edificio(4).

La bellissima Statua dell’Immacolata, in legno dipinto, di importante scuola napoletana, troneggiava nelle nicchia munita di vetro e tappezzata di seta, sull’altare centrale, come descritto nella Visita del 1767 che, traducendo dal latino, recita “… Al centro di detto altare, nella sua nicchia sulla parete munita di portella con vetro e tappezzata di seta nella parte interna, si trova collocata la statua lignea dipinta della Lodata Beatissima Vergine Maria titolare, finemente scolpita e recante in testa una corona di dodici stelle d’argento…(5).

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La statua-capolavoro della “Lodata, Beatissima Maria Vergine”, è doveroso ribadire, aveva un significato molto più importante di quello che può rivestire oggi quale unica testimonianza, per quanto preziosa, storica ed artistica, della venerazione passata e dei suoi simboli smarriti(6).

In fondo, in accordo con quanto sostenuto dagli studiosi, la religiosità meridionale si era caratterizzata nel tempo per la sostanziale omogeneità tra sacralità, santità e divinità. Tale identificazione si rifletteva nel culto di entità personificate (i Santi, la Madonna, Gesù, perfino Dio o lo Spirito Santo), perfettamente concretizzate nelle immagini, statue, dipinti, effigi corrispondenti che sostenevano e semplificavano la comprensione anche della liturgia.

Ad esse, travalicandone i limiti materiali, con totale fiducia e dedizione, il popolo riconosceva piena facoltà d’intervento e potenza incondizionata sull’uomo e sulla natura(7).

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Per il significato stesso della sua denominazione e della sua vocazione la Confraternita riservava grande spazio alle feste mariane. Tra quelle ufficiali proposte dalla Chiesa, celebrava la Purificazione (il 2 febbraio), l’Annunciazione (il 25 marzo), l’Assunta (il 15 agosto), la Natività di Maria (l’8 settembre) e soprattutto l’Immacolata Concezione (l’8 dicembre). Non mancava altresì alle feste popolari, dell’Incoronata (con relativa fiera, l’ultimo sabato di aprile), della Madonna della Gaggia (con il caratteristico pellegrinaggio a Conza, l’ultimo sabato di maggio) e ancora dell’Immacolata (nel corso dei festeggiamenti patronali alla fine di agosto).

Le feste dell’Immacolata Concezione quindi erano e sono due a S. Andrea, una invernale, l’altra estiva, e si celebravano con il massimo coinvolgimento del popolo. Quella invernale, ufficiale per la Chiesa, era preceduta da una sentita novena di preghiere, meditazioni e letture, da una vigilia di fioretto e di digiuno rigoroso a pane ed acqua e culminava nella solenne funzione dell’8 dicembre con l’Ufficio e la Messa cantata della Madonna nella Congrega.

Quella estiva cade alla fine di agosto (in passato l’ultimo fine settimana, da alcuni anni è fissata al 23-24 e 25 del mese) e si riveste (almeno dovrebbe come un tempo) di valori unici, essendo dedicata ai Patroni del paese ed alla mitica tradizione di fede, storia e cultura che abbiamo cercato di riavvicinare nel presente studio. Stando al racconto di alcuni anziani intervistati negli anni novanta del secolo scorso, alla confraternita spettavano gli atti preliminari, parte fondamentale del cerimoniale. I preparativi iniziavano alcuni giorni prima della ricorrenza estiva, con la trionfale traslazione della statua dell’Immacolata dalla Congrega alla Chiesa Madre.

Il breve tragitto che separava le due chiese, in fondo era la metafora, forse involontaria, di un percorso storico civile e religioso della comunità. Di pomeriggio verso le ore 17,00, i confratelli in pompa magna andavano a prelevare, con la massima cura, la Madonna (come confidenzialmente era chiamata) dalla nicchia sull’altare dell’oratorio dove abitualmente era custodita e la trasportavano, al caratteristico suono della campanella, nella chiesa Madre. Qui rimaneva esposta alla pubblica venerazione per tutta la durata delle solenni manifestazioni (festa e processione), al termine delle quali, con le stesse modalità, veniva ricondotta alla sua dimora. Non è difficile scorgere dietro i segni esteriori di questi atti un messaggio evocativo ben più importante del semplice trasferimento fisico di un oggetto di culto. La statua, per quel che raffigurava e per quel che rappresentava nell’animo dei fedeli – e la considerazione si può estendere anche agli altri santi – diveniva un elemento concreto ma vivo e miracoloso, senza del quale non avrebbe potuto verificarsi l’evento spirituale, la santificazione del tempo di festa.

Rimuoverla dalla sua casa, portarla in parrocchia e per le strade del paese con tutti gli onori, era – e per alcuni aspetti dovrebbe essere simbolicamente evocativo ancora oggi – come far scendere dal piedistallo privilegiato – cioè dal cielo – la Vergine e tenerla tra la gente per pregarla da vicino, farle delle offerte e rinnovare così il voto di filiazione, le speranze di benevolenza, di protezione e di salvezza. E totali si debbono ritenere la fiducia, l’adesione culturale, morale e psicologica, da parte di tutti verso il mistero di una così grande opportunità. (Continua nella II PARTE : La statua dell’Immacolata Concezione – Storia e produzione artistica devozionale)


Note

(1) Cfr. A. BELLINO, L’antica Chiesa di S. Andrea Apostolo e la Chiesa dell’Immacolata Concezione, in “S. Andrea di Conza – Strutture materiali e socio culturali tra origini e continuità”, ed. Asso Promos Vincenzo Scalzullo, Valsele Tipografica, vol. I, 1998, p. 46. Per la statua del Convento, cfr. P. RUSSONIELLO, “Storia del Convento di S. Maria della Consolazione dei Francescani Riformati a S. Andrea di Conza (1607-1865), Edizioni La Ginestra, Avellino, 1998, p.43. La scultura fece bella mostra di sé nel Convento fino agli anni trenta del secolo scorso, quando, per la demolizione della chiesa pericolante, fu trasferita presso i locali dell’Asilo Infantile M. Solimene, fino alla chiusura di quest’ultimo. Attualmente è in restauro che, si spera, rinnovi l’antico splendore. Per il sempre encomiabile contributo all’inquadramento nel contesto dell’arte sacra in Alta Irpinia, cfr. P. DI FRONZO, S. Andrea di Conza - Le due statue dell’Immacolata, in “Altirpinia”, 15 aprile 2005, pp. 3-4.

(2) Cfr. A. BELLINO, L’antica Chiesa..., op. cit., pp. 26 e segg.

(3) Ivi, pp.31, 35-36.

(4) Ivi, pp. 41 e segg.

(5) A. S. D. S. A. L. , Atti di visita, Mons. C. A. CARACCIOLO, S. Andrea, 1767.

(6) Per l’argomento ci sembra indispensabile l’ulteriore rinvio a quanto abbiamo scritto precedentemente (Ivi, pp. 44-48) ed alle considerazioni svolte nel saggio inedito anche a proposito delle feste patronali.

(7) Cfr. G. GALASSO, L’altra Europa, Oscar Studio Mondadori, Milano, 1982, pp. 68-69.


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